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48 iv - seconda redazione delle


Ritornò quella sera tanto costernato, che Michele stesso sospettò qualche fiero accidente. Ripigliò l’esame delle sue carte; e le faceva ardere senza leggerle. Innanzi alla rivoluzione avea scritto un Commentario intorno al governo veneto in uno stile antiquato, assoluto, con quel motto di Lucano per epigrafe: «Iusque datum sceleri». Una sera dell’anno addietro lesse a Teresa la storia di Lauretta; e Teresa mi disse poi che quei pensieri scuciti, ch’ei m’inviò con la lettera de’ 29 aprile, non n’erano il cominciamento, ma bensí tutti sparsi dentro quell’operetta, ch’egli aveva finita, Non perdonò né a questi, né a verun altro suo scritto. Leggeva pochissimi libri, pensava molto; dal bollente tumulto del mondo fuggiva a un tratto nella solitudine, e quindi avea necessitá di scrivere. Ma a me non resta se non un suo Plutarco zeppo di postille, con vari quinterni frammessi ove sono alcuni discorsi, ed uno assai lungo su la morte di Nicia; ed un Tacito bodoniano, con molti squarci, e fra gli altri l’intero libro secondo degli Annali e gran parte del secondo delle Storie, da lui con sommo studio tradotti e con carattere minutissimo pazientemente ricopiati ne’ margini. Que’ frammenti qui inseriti gli ho scelti dalle molte carte stracciate, ch’egli avea, come di poco momento, gittate sotto il suo tavolino.

Alle ore 11 congedò l’ortolano e Michele. Pare che abbia vegliato tutta notte, poiché allora scrisse la lettera precedente, e sull’alba andò vestito a risvegliare il ragazzo, commettendogli di cercare un messo per Venezia. Poi si sdraiò sul letto, ma per poco: dopo le otto della mattina fu incontrato da un contadino su la strada di Arquá.

A mezzodi entrò Michele, avvertendolo che il messo era pronto, e lo trovò seduto immobilmente e come sepolto in tristissime cure: si fe’ presto al tavolino e scrisse in piedi sotto la stessa lettera:


Le mie labbra sono arse; il petto soffocato; un’amarezza, uno stringimento... Potessi almen sospirare!

Davvero; un gruppo dentro le fauci, e una mano che mi preme e mi affanna il cuore. Lorenzo, ma che posso dirti? Sono uomo. Mio Dio, mio Dio, concedimi il refrigerio del pianto.