Pagina:Foscolo, Ugo – Prose, Vol. III, 1920 – BEIC 1824364.djvu/127

Da Wikisource.

lungo la francia e l'italia 121


voce che chiamava la fante, perché corresse per lo piú vicino notaio. Onde che il notaio, con ciò sia cosa che vicinissimo si trovasse, senza altro aspettare, giudicò ben fatto di salire, come che a tentone, per l’uscio onde la voce veniva. Et la fante, menandolo attraverso una caminata, condusselo in una camera grande, la quale, oltre una alabarda, una lorica, un vecchio rugginito spadone et una tracolla, appiccati con pendagli ne le quattro pareti l’uno a rincontro de l’altro, altri addobbi allhoramai non havea. Et sopra il lettuccio giacea uno vecchione canuto, il quale fu et, se col tramonto de la fortuna non s’obscura etiandio la nobilità del sangue, era tuttavia gentilhuomo; et d’una mano si facea sostegno a la testa. Era accanto al lettuccio uno deschetto sul quale ardeva una lucernina, et quivi presso una scranna, su la quale il notaio senza far motto adagiatosi, et toltosi di cintola il pennaiuolo, acconciò innanzi a sé il calamaio et due fogli bianchi che si trovava bavere indosso; et come hebbe intinta la penna, si curvò col petto sul desco, stando in orecchi ad udire et scrivere le volontà extreme et il testamento del gentilhuomo. Il quale, sorreggendosi alquanto su l’origliere, parlò: — Lasso me! tu di certo, messer lo notaio, non sai com’io, non che possa far lasciti, mi veggio morire senza havere di che satisfarti del testamento. Ma quanto piú posso ti priegho che tu comporti questa fatica di scrivere la mia hystoria; per ciò che, come che ferventemente io desideri di andarne hoggimai dove a Dio piacerà, non chiuderò in pace questi occhi se non lascio per heredità al mondo la hystoria mia, la quale ha letta da ogni huomo che vive, cotanto è fiera et diversa; et ad te in mercede de la scrittura, tanto ch’io detto, lascierò per legato il guadagno che divulgandola ne trarrai; di che senza niun dubbio farai ricco te et casa tua. — Il notaio ritinse di botto la penna nel calamaio. Et quel canuto levando gli occhi pietosamente et stendendo al cielo le palme, adorò tacito alquanto, poi disse: — Onnipotente direttore di tutti i casi della vita mia, il quale vedi per che labyrinto lunghissimo di disastrosi sentieri et a che extremità et disperata desolatione m’hai di tua mano condotto, oh mio Dio, soccorri a la inferma