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Pagina:Foscolo - Poesie,1856.djvu/44

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io;

Voleanlo i numi. Misero! tu appena
Vedesti il giorno, e sciagurato, e tinto
Del delitto materno, in carcer tetra
Chiuso mi fosti sempre. Oh! se sapessi
Quel che un giorno saprai; se tu sapessi,
Come odierai la tua madre infelice
Che ti fè nascer nell’obbrobrio... adesso
Morte vorresti... ed io vorrei spirando
Raccor l’ultimo tuo fiato innocente. –1
Deh! perchè tu non mi lasciasti i giorni
E le sciagure al figliuol mio con questa
Man mia troncar? Fuor di periglio or ei
Fora con me, ch’ei sol trattiemmi il ferro,
Che pace a me daria: vedi che avvenne
Per tua troppa pietà! Ma invan ten penti.
Tieste. Il figlio mio, sì, il figlio a me nel seno
Deh! perchè a me non dassi? Almeno io possa
Baciandolo morir: comun vendetta,
Erope, allora ci farem. – Con lui,
Con lui, e fia da noi tutto sfidato
Il furore d’Atreo. –2
Vedi tu questo
Ferro di morte? Mentre noi morremo
Per nostra man, il dolce figliuol nostro
Stringendo insieme, spirerem felici. –
De’ delitti che medita colui
Non vedrà il fine, no: vedrà piuttosto
L’amor nostro finir nemmen con morte. –
Ma tu non mi negar l’estremo, il solo
Che m’avanza conforto: dì se m’ami;
Indi mi svena; eccoti il petto, il ferro.
Erope. Tu il vuoi, mel porgi;3
e da me ascolta al fine
 Confessïon di lagrime... Sì, t’amo
Con ribrezzo e rancor; de’ miei delitti
Il più enorme è l’amarti, e il non poterti
Odiar per sempre. – Ah potess’io, che il voglio,
Altrettanto abborrirti... ma non posso.
Quel punto, in cui giuraiti fe, mi torna

  1. A Ippodamìa
  2. Si trae un ferro
  3. prende il ferro