Pagina:Fracastoro - La sifilide.djvu/107

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Del sacro fiume, attufferansi in quello.
Disse, e tre volte del salubre argento
L’asperge; tre colla virginea mano
D’acqua, e terge tre volte il corpo tutto
410Del giovane, che ammira, e sè mondato,
E lasciata la rea peste nel fiume.
Dunque tosto che t’abbia il ciel più puro,
Ed il nitido giorno, e il Sol vedrai,
Alla casta Diana, e l’ara appresta
420Del loco ai Numi, e dell’amico fonte.
La Vergin disse, e il giovane che a tanto
Dono grazie porgea, dal sen di notte
Tolto, sano rediva al dì bramato.
La nuova fama acquistò fede, e ovunque
425Disse certo il rimedio, onde da pria
Sugna porcina a fluido argento unissi;
Indi d’Oricio terebinto pece,
E di larice aerio; altri usa ancora
D’orso o cavallo il grasso, o bdelio, o cedria.
430Altri gocce di mirra, o incenso maschio
V’aggiunge, o rosso minio e zolfo vivo.
Nè spiace a me se alcun tritura, e mesce
L’iri esiccante, il galbano, l’elleboro
Graveolente, il lasero, e il salubre
435Di lentisco olio, e zolfo ignoto al foco.
Or ungerne, e coprirti il corpo tutto
Turpe nè osceno ti rassembri, un male
Fuggi così, di cui nulla è più sozzo;
Sol che i molli precordii e salvi il capo.
440Cinganti allor velli di stoppia e fascie;
Molte sul letto poi coltre t’imponi,
Sì che impuro il sudor stilli dal corpo:
Tanto basti iterar per giorni dieci.
Aspro; ma è da soffrir quant’egli è d’uopo.
445Fa cor; certa salute ài già da presso.