Vai al contenuto

Pagina:Fracastoro - La sifilide.djvu/129

Da Wikisource.

117

Servono i mari, e al Sol va innanzi, e ai Numi?
Egli l’aure seconde, ai verdi boschi
Ei darà dolce il rezzo, e fresco al gregge.
Disse, ned aspettò: sui monti l’are
310Erse ad Alcitoo rege, e culto diegli.
Dei coloni la turba e dei pastori
Lo segue, ed arde incensi, e il sangue versa
Dei tori, che arrostiti in brani fumano.
Ciò che veggendo il Re dall’alto soglio
315In fra i devoti popoli seduto,
Altero pel divin resogli onore,
Vieta che in terra alcun Nume s’adori,
Pena il suo sdegno; sè maggior di tutti
Grida, e solo del Ciel curar gli Dei. —
320Il Padre Sol, che tutto vede e lustra,
Vide anche questo; arse di sdegno; i rai
Contorse infausti, e mandò fosco il lume.
Tosto la madre Terra e i vasti mari
N’andar compresi, ond’arse in vampe l’etra.
325Quindi a quell’empio suol de’ mali ignoti
Una piena. — Chi primo il sangue sparso
Al Re porgeva, ed are al monte in cima,
Sifilo n’ave turpe scabbia in dosso.
Primo convulse membra, e notti insonni
330Ei s’ebbe, e il morbo da lui primo il nome,
Cui sifilide dir piacque ai coloni.
E già la peste rea le città tutte
Coglie e il Re stesso: indi a cercar d’America
Vanno la Ninfa nel Cartesio bosco.
335Cole America i boschi, e degli Dei
Dal profondo del bosco apre i responsi.
Chieggon del morbo la cagion, la cura;
Ed ella: Sprezzatori o voi del Sole,
Egli voi preme: ad uom non lice ai Numi
340Pareggiarsi; gli date il culto usato;