Pagina:Fracastoro - La sifilide.djvu/87

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Finch’altri adunque sì gran cose, e i fasti
Di Lui racconterà, tu stesso mentre
Vita gli vuoi dar forse in carte eterne,
Noi, cui non chiama il fato a tanto, i nostri
65Scherzi seguiterem con tenue Musa.
Prima, perchè non una il sangue affetto
Indole serba, di quel mal più spera
Che sangue puro invase: in quel cui l’atra
Bile fa gonfio, e denso alza le vene,
70Stentasi più, tenace è più la peste.
Val quindi usar incontro a questi i forti
Mezzi, nè perdonarla ai membri infetti.
Anzi tutti sperar lieti i successi
Quegli può, che scoprir seppe alle prime
75La tabe occulta, e serpeggiante addentro;
Che quando dopo lungo pasto in forza
Venne, e fermò nel sangue il suo veleno,
Quanto a riaver tua libertà di stento!
Dunque ai primi principii opponi ogni opra,
80E serba i miei precetti in mente fermi.
E pria non d’ogni ciel ti voglio amico:
Fuggi, ve’ spira austro perpetuo, o fango, .
O grave odor manda palude immonda.
Meglio l’aperto campo, e i larghi spazii,
85E in colli aprichi anco le aurette, e i molli
Zeffiri, e d’Aquilon l’äer battuto.
Qui, il comando, non ozio, e non riposo:
Non indugiar; in caccia faticosa
Ratto insegui il cinghiale, e l’orso insegui,
90Nè ti sia grave, dell’aerie rupi
Vinto il dorso, fugar rapido cervo
In valle, e in cerca gir pel bosco a lungo.
Che ben vid’io, chi nel sudore estinse,
E lasciò il morbo nelle selve. Stendi
95All’aratro la man, col vomer curvo