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Pagina:Fracastoro - La sifilide.djvu/99

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Del vivo argento, ch’à miranda possa,
Valgonsi i più: sia perchè il caldo e il freddo,
Ratto sente, onde presto il nostro foco
Riceve, e gli umor scioglie, e meglio agisce,
275Qual fiamma abbrucia più candente ferro:
Sia perchè l’acri particelle, ond’esso
Consta mirabilmente, svincolate
Come possan nei corpi entrar distinte,
Struggon tumori, ardon di peste i germi:
280Sia che il fato o natura altra gli desse
Virtù, dono è de’ Numi, e tal trovato
Di cui vo’ dire; e chi stupendi i doni
Può ridir degli Dei? — Là della Siria
Nell’alte valli, a glauche selve in mezzo
285Di salci ombrosi, u’ di Calliroe è il fonte,
Fama è che Ilceo, cultor d’orto agli agresti
Dei sacro, e di foreste, e cacciatore
Di belve, colto da cotanto morbo,
Il cipero annaffiando e la fragrante
290Selvetta della casia e dell’amomo,
Così pregasse: — O Dei, che sempre io stesso
O’ venerato, e tu Calliroe santa
Che i morbi fughi, e cui pur ora affissi
D’un cervo e testa e corna ad alta quercia;
295Dei, se infelice a me questa torrete
Peste crudel, che notte e dì mi strugge,
Io le purpuree e candide viole
Prime dell’orticello, e i bianchi gigli,
Le prime rose, ed i giacinti primi,
300Darò in serto odoroso ai vostri altari.
Ivi sorgea verde gramigna, e lasso
Ei si corcò, ciò detto, all’erba in mezzo.
Qui Calliroe la Dea, che al vicin fonte
Bagnavasi, con lene onda scorrendo
305Dal liquid’antro pei muscosi sassi,