Pagina:Francesco Malaguzzi Valeri - Leonardo da Vinci e la scultura, Bologna, 1922.djvu/14

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4 CAPITOLO I

esso Leonardo — aggiunge finalmente il Vasari — conoscendo quel giovane di buono e sincero animo e liberale, e diligente e paziente nelle fatiche dell’arte, che non facea ne più qua, ne più là di quello che voleva Giovanfrancesco, il quale, perciocché, oltre all’essere di famiglia nobile, aveva da vivere onestamente, faceva l’arte più per suo diletto e desiderio d’onore, che per guadagnare»; e ancora: «imparò Giovanfrancesco da Leonardo molte cose, ma particolarmente a fare cavalli, dei quali si dilettò tanto, che ne fece di terra di cera e di tondo e bassorilievo, in quante maniere si possono immaginare».

Da tutto ciò si potrebbe concludere che il Rustici si giovò di Leonardo, più anziano e più pratico di lui nell’eseguire i bronzi per il Battistero, forse nel modellare le figure stesse, ma che gli stretti rapporti d’amicizia che correvano fra i due artisti, un dei quali, il Rustici, «faceva l’arte per desiderio d’onore» impedirono che a Firenze se ne sapesse di più sulla parte spettante all’uno e su quella dovuta all’altro. Le notizie arrivarono quindi a noi poco chiare su quella collaborazione.

Le tre nobili figure del Rustici richiamano motivi ed elementi dell’arte precedente, ma sono animate da un movimento nuovo e vivace. La esile figura di San Giovanni, seminudo, ossuto, avvolto nella lunga pelle di montone, lungochiomato, alza la destra, predicando, a indicare il cielo mentre la sinistra, molle e delicata, si stende lungo il fianco secondo un motivo caro all’arte precedente e reso fra l’altri da Matteo Civitali nell’altare-monumento a San Regolo nel Duomo di Lucca, dove la disposizione generale dei tre santi è analoga a quella del Rustici. Ma mentre le due figure estreme del Civitali ripetono con monotonia lo stesso atteggiamento