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140 | Delle Frascherie |
trascorrere à credere, che le Satire dovessero scriversi nello stille d’un famigliar Sermone; che però di Sermone diè loro il nome. Ecetto, che quel grande ingegno sapeva altrimente scrivere, come diede à divedere nell’Odi; ma volle nelle Satire esser familiare, ò per faticar meno, ò perche credesse, che la negligenza nel numero, e nella frase alla sola Satira si convenisse.
1Horatius modo pure diceret, nihil pensi habuit, disse lo Scaligero. S’ingannò in questo di lunga mano, e ‘l Vossio più di lui che prese à difenderlo, assegnando più tosto ad esso, che à Giuvenale il Principato della Satira, e pur, 2Iuvenalis versus, longe meliores, quam Horatiani sententia acriores, phrasis apertior. Sempre fù opera di maggior industria lo scriver sollevato, e turgido, che pedestre, e smunto; nè il Satirico, che ha l’ufficio di Maestro, deve, come un Servo fusse, estenuar sempre la dicitura.
Persio può anche imitarsi in qualche tratto di magnifica dittione, e di giuditioso insultamento; mà non deve nella secca maniera del suo fraseggiare e nella eruditione astrusa costituirne esempio. 3Persij stillus morosus; & ille ineptus, qui cum legi vellet, quae scripsisset, intelligi noluit, quae legerentur, disse lo Scaligero, & altrove,