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Fascio Secondo. 155
Ticleue.


E pur questi son Idoli frà noi,
     Mentre su i Cieli lor s’alzano à volo
     Le Flore idolatrate, e gli Antinoi.
Vedi quei due, c’han l’habito di duolo?
     Son due Lerne di mal, son due Cloache
     Chi contento è quà giù d’un fallo solo?
L’uno à le casse d’or sempre imbriache,
     Mà non vomitan mai, l’altro ha talento,
     Che la Moglie per lui porti le braghe.
L’uno è sottile in cumular argento:
     Mà in tutto ’l resto è il suo cervello ottuso
     Sol frà conti, e contanti hà cor contento.
E sì ostinato in lui sembra l’abuso,
     Che negli aperti, e leciti contratti
     Non ha mai l’Usurar raro il mal uso.
Vende honor, chiede pegni, e rompe patti,
     Nè prezzo di Virtù vanta da Stelle,
     Che da costumi hebrei l’Alma riscatti
L’altro, ch’è seco, e le fattezze hà belle,
     Hà deformi così l’opre, e i consigli:
     C’hà macchie in cor, più che la Tigre in pelle:
Provido è più nel regalar scompigli,
     Di Casa sua, ch’in educar chi nasce,
     Coltiva i campi, e non dirozza i Figli:
Per un filo di Ragno entra in ambasce,
     Brama, osserva, comanda, è un Argo in tutto
     Mà in Ciclopica vita i figli pasce.
Se di sterco canin l’atrio stà brutto,
     Strepita à i servi, e gode con la moglie,
     Ch’i paterni puzzor spiri il suo putto.