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Fascio Secondo | 157 |
Perde honor, scema robba, ammorba membra
In farsi corteggiar da Corteggiane;
E ne’ commodi lor commodo sembra.
Sforzeria le Lucretie, e le Diane?
E per carne pagar di Concubine
A la Famiglia sua litigia il pane.
Ladro il direi di Vergini Latine;
Ma non veggio frà noi Donna che imiti
In caste ritrosie l’Alme Sabine.
Non voglion mai le nostre Donne inviti,
Violenze desian per iscusare
Con l’altrui forza i lubrici appetiti.
In somma il Reo crede sù l’onde amare
Far de la vita sua dolce tragitto;
Nè sà, ch’al fin porta un amare à mare
Pesca tal’hor, mà non gli giova al vitto,
Che, se ne’ mari altrui frigge chi pesca,
Nel mar d’Amor l’huomo che pesca è fritto.
Momarte.
Forz’è pur, che la furia al labro m’esca,
Pazzo Garzon, se da sembianza maga
Accesa è l’alma tua, và che stà fresca.
Lussuria è un dolce mal, che i sensi appaga
Mà per colpa di lumi accieca gente;
E con arte Circea l’anime ammaga.
E d’un cor lagrimoso Arpia ridente,
Ch’entro un negotio reo l’otio fà domo:
Che da’ cardini suoi svelle una mente.
Ticleue.
Concludi hor tù, chi non faria da Momo,
Mentre s’apre al riverso hoggi il macello
Mentre Vacca d’amor scortica un huomo?