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Pagina:Frascherie.djvu/182

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LA PAZZIA


SATIRA.


H
uc proprius me, dum doceo insanire,

     Omnes, mondani Popoli vi chiamo,
     Cantò già in Roma un Sonator di Lire
Che tutti habbiam del pazzo tronco un ramo
     Cantar vo anch’io su la Follia mondana.
     State attenti, Signori: e incominciamo.
Canterò d’uno stuol, ch’a la fiumana
     Crede andar in Cesena, e par che guazzi
     Del Frigio Gallo entro corrente insana.
Punta da l’Estro Inachio, alza schiamazzi
     Musa, in cantar pazzie; che ben conviene
     Furor di vena entro il furor de’ Pazzi.
Sian de’ fusti d’Anticira ripiene
     Spetial Botteghe, e Machaone dia
     Con gli Ellebori suoi purga à le vene.
Com’appunto sen và gente per via,
     Chi sù, chi già, chi và a sinistra, ò a destra,
     Così ne’ morbi suoi varia è pazzia.
Altro è pazzo in Cortile, altri in finestra
     Chi per angusti vicoli si perde:
     Chi s’impantana in sù la via maestra.
Molti rami à Pazzia, suo tronco verde
     Ha frutti sì; ma non maturan mai:
Nè per freddo, ò calor la foglia perde.