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Fascio Terzo. 239

Vuoi veder come in Corte, al mar si vada?
     Osserva in lei, che de le leggi i Venti
     Fanno a giunti Nocchier perder la strada.
Spesso a riva li balzano i Ponenti:
     Ma se cangiano humor gli Dei marini
     Mandan tosto à aevante i Pretendenti.
Così di Corte i Liberi Destini,
     Servon del Garbo altrui spesso à i motivi
     Perche di Corte il Mar vanta i Garbini
     Scola è la Corte, ov’ha principij attivi,
     Per le fortune sue Servo, che mente,
     Ma, se il vero vuol dir studia i passivi.
Quì Virtù Declinata impara à mente,
     Senza che mai provi il Donato al tatto
     Che vive a caso un Numero di Gente.
La Corte hà di Comedia anco il ritratto
     Perche Favola è spesso un Cortegiano,
     E spesso ancor v’è l’oscenario in Atto.’
Ove brava, non fere il Capitano,
     Ove un Servo tal’hor parte hà di Zanni
     Ove fa da Dottor spesso un Gratiano.
Musa, da Corte rea fuggi i tuoi danni,
     Son le Novelle sue di questa sorte:
     Perche pari saranno in tutti gli anni
In dar Nuove di Bestie Africa, e Corte.


Il lodevole talento di Teledapo, che fù da Rorazalfe nella letta Satira rappresentato, diè materia à gl’Amici tutti di biasimare in varie forme i vitij delle corrotte Corti, e le pazze infirmità di chi le corteggia. A tal proposito Ticleue citò un Madrigaletto, scritto già da lui in Euro-