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Fascio Terzo. 253

che mosso non mi era, reputavali tutti Guardiani di quelle Campagne e del Bosco. Fissatomi poi nel Caporale, che solo con imperio mi favellava, dissili, che il suo bell’aspetto m’indicava in lui più natura da imprendere le difese de i Passaggieri, che da far loro oltraggio. Intanto io mi era tratte dalle braghe alcune monete di argento, e già le haveva offerte a quel Capo, come residui del mio camino; Ma il buon Ladro s’era così fattamente compiaciuto delle mie lodi, perche sue non erano, che cangiato da quel di prima, ricusò di accettare le monete. Uno della imbacuccata di Masnada, che udì questi insolenti rifiuti, lo instigò a prendere i denari: & il Caporale rivolgendo contr’esso l’Arme, disseli impetuosamente. Taci tù che io non voglio nulla da Costui. All’udira di così assassine cortesie, ricominciai ad incalzare troppi rettorici, & aggiunsi alle replicate lodi i miei oblighi. Ripregai tosto l’Amico, a prendere almeno in beveraggio una portione delle offerte monete; & egli tornò a replicarmene con virtuosa pertinacia i rifiuti; Quì si fece frà la mia restiva munificenza, e la prodiga capacità di Colui, la più curiosa gara di cerimonie, che mai frà due Segreterie s’udissero. Al fine, stimandomi honorato da quei boscherecci Penati, più nella licenza, che nell’hospitio, e trahendo meco il gua-