Qual de le guerre sue Cesare hà il frutto?
Che prima un huom, e poi fù Dio chiamato
Da un Bruto; ò un brutto termin’è condutto.
Che fa Pompeo, quell’inclito Soldato?
In mano al fin del Traditor rimane
Mal capitato, e ben decapitato.
Che n’è di Mario? Entro palustre tane
Di Minturnia palude, ove hà paura,
Trombe de’ suoi disnor stridon le rane.
Mesto fin finalmente hà la bravura,
Chi la dura à la corte è vincitore:
Mà ne la guerra al fin perde chi dura.
Quel, che insegna à temer sol col rigore
D’Arme Tiranne i tradimenti insegna;
Che d’ossequio infedel, Mastro è ’l timore.
Quel che visse homicida in van si sdegna
S’ucciso muore. Hoggi l’instabil Diva
Fà vicende servili anco in chi regna.
E pur s’armano i Mari, e pur l’Argiva,
Benche ’n flutti d’Euboa Nave sdruscita
Gli urti arrischiar vuol di Capharea riva.
E pur s’armano i Campi, e la crinita
Discordia i dubbi Regni, agita, e turba
E l’altrui Morte à i Regi arme è di Vita.
Sotto il manto d’Astrea copron la furba
Collera i Grandi anzi col voto solo
D’un Feccial capriccio arman la Turba.
Ne’ manifesti lor piangono il duolo
Delle fiamme attaccate, e pur son tutti,
O l’acciaio, ò la pietra, ò ’l solfaiolo.
L’haver più Stati in sua balia ridutti,
Chiaman novi Nembrotti, arie da caccia,
E private letitie i comun lutti.