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248 libro terzo

     E, come a suon di tromba e di stormenti
s’accende a piú furor la gran battaglia,
30cosí facean tra sé le crudel genti.
     Ognun perfora l’altro, smembra e taglia.
Non viddon tanto sangue i miser prati
dell’Affrica, di Troia e di Tessaglia.
     Tutti si son nemici e tutti irati;
35e nullo colpo lor mai fere indarno,
ché son, se non di spade, disarmati.
     Pensando, ancor m’impallido e descarno,
vedendo che del sangue de’ tapini
si facea il fiume vie maggior che l’Arno.
     40Megera poi de’ guelfi e ghibellini
trasse le insegne fuor tutte resperse
di sangue vivo e peli serpentini.
     E l’una contra l’altra andâro avverse,
e tanto sangue su quel pian si sparse,
45che tutta quella terra sen coperse.
     Di questo il fiume vidi maggior farse:
allor le Furie corson come l’oca
dentro in quel fiume nel sangue a bagnarse.
     Ahi, cieca Italia, qual furor t’infoca
50tanto che ’n te medesma ti dividi,
onde convien che manchi e che sie poca?
     Non guardi, o miseranda, che ti guidi
dietro a due nomi strani e falsi e vani?
che per questo ti sfai e i tuoi uccidi?
     55Per questo i tuoi figliol sí come cani
rissano insieme e fan le gran ruine,
e i cittadini fai diventar strani.
     Non sapendo il principio ovvero ’l fine,
l’offesa o il beneficio, prendi parte
60contra li tuoi e cittá pellegrine.
     Pel sangue effuso e per le membra sparte,
li tuoi figlioli a’ mal nati fratelli
e te a Tebe è degno assomigliarte;