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340 libro quarto

     L’altr’è l’amor, il qual debbe il figliolo
a’ genitori, la pietá seconda,
135ed alla patria del nativo suolo.
     Ed ogni amor, che la natura fonda,
«pietá» si chiama, e cosí per opposto
«crudel» è detto chiunque el confonda.—
     Tacette poi che questo ebbe risposto.
140Allor vidi venir molti col vaio
ver’ noi col lume in su la testa posto.
     — Iustinian son io— disse il primaio,
— che ’l troppo e ’l van secai fòr delle leggi,
ora subiette all’arme ed al denaio.
     145Iurisconsulti e gran dottori egreggi
vengon qui meco da stato giocondo,
perché tu gli odi e perché tu li veggi.
     Questo, che mi sta a lato, è fra’ Ramondo
predicatore, a cui papa Gregoro,
150quand’egli dimorava giú nel mondo,
     fe’ compilar il nobile lavoro
de’ Decretali, e per questo vien esso
insieme meco in questo sacro coro.
     Bartol Sassoferrato è l’altro appresso,
155con la lettura sua, la cara gioia,
come dimostra il suo chiaro processo;
     e Baldo perusin, che l’ebbe a noia;
poi ’l dottor Cino, ch’ebbe il gran concorso
nel tempo suo e l’onor di Pistoia;
     160poi Ostiense e ’l fiorentino Accorso,
che fe’ le chiose e dichiarò ’l mio testo
ed alle leggi diede gran soccorso.
     Giovanni Andrea, le Clementine e ’l Sesto
il qual chiosò, sta qui con la Novella,
165sí come il lume a te fa manifesto.
     E sempre il ciel rinfresca e rinnovella
l’opinioni e li novi dottori;
e quel che ha detto l’un, l’altro cancella.