Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/387

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capitolo xxi 381

     100Alza la mente omai all’alte cose,
ch’io ti dirò, ch’agl’intelletti bassi
per troppa sottigliezza son nascose.
     Sappi che amor sempre move li passi
dietro al conoscimento; e, se ben note,
105senza esso gli atti del voler son cassi;
     ché amar si posson ben cose rimote
dagli occhi e dalli sensi, ma non mai
s’aman le cose all’intelletto ignote.
     Quanto è ’l conoscimento, o poco o assai,
110del ben, che move ed ha ’l voler piacente,
tanto s’accende amor, di cu’ udito hai.
     E, perché ’l mondo ovver la mortal gente
non ben conosce le cose del cielo,
però non l’ama ben perfettamente;
     115ché non posson veder se non col velo
de’ sensi lor, sí come vede il vecchio
al lume fioco d’un piccol candelo.
     E, perché veggion Dio sol nello specchio,
il Creator nelle sue creature,
120però l’amor laggiú non ha parecchio
     a questo di quassú, che aperte e pure
vede este cose e che da Dio procede
ogni altro bene e tutte altre nature.
     Or veder puoi ch’amor sempre col piede
125va dietro al bene, e tanto ha ’n sé augumento,
quanto el conosce e quanto in bontá eccede.
     Or mira ben a quel ch’ora argumento:
che, quando amor pervien col suo desire
al sommo Ben, che ’l posa e fa contento,
     130giammai da quello amor si può partire,
ché nulla displicenzia è che ’l rimova,
ed ogni complacenzia ha nel fruire.
     E, dacché ogni dolcezza quivi trova
e che quel sommo Bene è infinito,
135sempre la mente trova cosa nova.
     Cosí