Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/77

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capitolo xiv 71

     Cupido, in questo, superbo ed altèro
vidi venir volando, e mai uccello
30corse alla preda sí ratto e leggero.
     Ed a Vulcan:— Ritorna a Mongibello,
sciancato, storto e dal ciel messo in bando:
ritorna alla fucina ed al martello.
     Il dardo orato mio, il qual io mando,
35tu proverai; e, se ti giunge addosso,
tu griderai a me:— Mercé domando.—
     Poi scoccò ’l dardo, ed arebbel percosso,
se non ch’e’ si gittò alla supina:
per questo il colpo andò da lui rimosso.
     40Su ratto si levò e con ruina
il folgore gittò, il qual la spada
corrode e nulla fa alla vagina,
     ch’ello è fiamma sottile e fa che vada
dentro alli pori e ciò che non ha poro,
45cosí disfá, come il sol la rugiada.
     Questo di piombo le saette e d’oro
fuse nella faretra, e smunse e róse
ciò che v’avea di metallin lavoro.
     Quando Cupido le polse penose
50volle trar fuor per trarre un’altra volta,
nulla trovò, mentre sú la man pose.
     Onde ei, scornato e con furia molta:
— Io ho l’altr’arme— disse— e ’l foco sacro:
quest’arme a me da te mai non fia tolta.—
     55Cosí dicendo, furibondo ed acro
corse in Vulcano e sí gl’incese il mento,
che ’l volto d’ogni barba li fe’ macro.
     E, di questa vendetta non contento,
col foco s’avventò nelli ciclopi;
60e, poi che ’l capo incese a piú di cento:
     — Tornate alle caverne come topi
— diceva a lor,— tornate, o turba inerte,
o falsi e vili e neri quanto etiòpi.—