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di cui solidità diminuisce dalla circonferenza al centro; che offrono il midollo frapposto ai fascetti fibrosi, senza raggi midollari, i monocotiledoni. 2.° Quelli che hanno strati concentrici distinti, la di cui solidità diminuisce dal centro alla circonferenza, che offrono il midollo racchiuso in un canale longitudinale con dei prolungamenti midollari disposti in raggi divergenti, e sono le dicotiledoni.

Perciò le dicotiledoni furono anche chiamate piante esogene, cioè che aumentavano per esterno deposito di materia legnosa, e le monocotiledoni si dissero endogene, cioè che aumentavano per interna produzione, contemporanea in tutto lo spessore del tronco.

In una diversa disposizione di parti risiede, secondo me, tutta la differenza fra le dicotiledoni e le monocotiledoni; nè mi allontano dalla definizione descrittiva del Desfontaines. Nelle monocotiledoni, la parte legnosa è costituita piuttosto da semplice tessuto cellulare, e le fibre corticali o radicali, invece di occupare l’esterno della pianta, sono più interne o mescolate al tessuto cellulare. Per es., nel fusto della meliga, del sorgo e del melgone, tutta la sezione del tronco è un misto di fascetti fibrosi e tessuto cellulare, ricoperto esternamente da una cuticula; il culmo delle canne, del frumento, riso, segale e consimili, è vuoto fra un nodo e l’altro, le fibre sono collocate verso la parete interna, s’intrecciano formando una rete o tramezza orizzontale sopra o sotto ciascun nodo, rendendosi più esterne al punto d’inserzione delle foglie, e la cuticola esterna è più lucente per una maggior quantità di silice. Il fusto delle palme, e d’altre piante monocotiledoni a foglie assai ravvicinate, nell’interno è costituito intieramente da tessuto cellulare, percorso dall’alto al basso dai fascetti fibrosi dipartentisi dall’inserzione di ciascuna foglia, per il che il tronco viene ad acquistare sempre maggior consistenza quanto più lo si considera nella parte inferiore.