Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/167

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capo primo 161


sé grandissimo difetto. E n’è d’esempio la repubblica fiorentina, la quale (come è la natura degli animi de’ suoi cittadini), volendosi sempre nelle minuzie piccolissime perfezionare, non fu mai nelle grandi ordinata.

A questa ragione si hanno da attribuire in grandissima parte i danni sulle monete della Francia e di Roma, mentre queste corti piú d’ogni altra sono ripiene di magistrati e di tribunali: il che l’una dee alla venalitá delle sue cariche, l’altra alla necessitá, che ha di dar impiego a tanti che vengono a servirla. Ed è, per contrario, degna di lode e d’invidia la mia patria in questo: che non è il suo commercio tormentato da compagnie, monipòli, ius prohibendi, ordini e statuti (che altrove si dicono «police», e noi chiameremmo «aggravi»), né su d’ogni piccola cura del governo si edifica una magistratura. E noi soli, con esempio raro e glorioso, abbiamo lasciata la proporzione tra le monete d’argento e quelle d’oro (che è la piú importante) libera in grandissima parte col piú delle monete straniere.

L’altra ragione, per cui è fisso il prezzo relativo de’ metalli, è perché gli uomini non dánno medicina ai mali del corpo proprio, e tanto meno a quei dello Stato, se non arrecano acerba puntura. Gran dolore non può darlo la varietá della proporzione, perché essa per secoli intieri non si muove sensibilmente, come colla sua storia io dimostrerò.

Un grandissimo numero di critici è persuaso aver da un passo d’Omero risaputa la proporzione antichissima tra l’oro e il rame. Nell’Iliade1, narrandosi il combattimento tra Diomede e Glauco, che vien seguito da lunghi discorsi e permutazione delle armi in segno d’amicizia, dice Omero cosí:

Ἔνθ᾽ αὖτε Γλαύκῳ Κρονίδης φρένας ἐξέλετο Ζεύς,
ὃς πρὸς Τυδείδην Διομήδεα τεύχε᾽ ἄμειβεν,
χρύσεα χαλκείων, ἑκατόμβοι᾽ ἐννεαβοίων.


  1. vi, [234-6].