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Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/325

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note aggiunte nella seconda edizione 319


VII

(p. 43, r. 23 sgg.)

Fino all’anno 1750, tempo in cui fu scritto questo libro, il prezzo del grano nelle province negli anni felici era di sotto ai dieci carlini, e caro si diceva se giungeva a tredici carlini. Ora i prezzi sono di gran lunga mutati, ed è il prezzo tra i dodici e i quattordici carlini negli anni ubertosi, tra i diciassette e i diciannove nelle sterilitá regolari. La straordinarissima sterilitá del 1763 dètte la mossa a questa considerabile alterazione.

VIII

(p. 85 sgg.)

Tutto ciò che in questo capo e ne’ seguenti si dice sulla moneta immaginaria, o sia di conto, è diretto a confutare l’opera di Carlo Broggia, nella quale sommamente si esaltava la moneta di conto e si proponeva introdurla tra noi, quasicchó il nostro ducato, con cui sempre numeriamo, non fosse anche esso in oggi una moneta immaginaria, giacché niuna se ne batte di questo valore.

IX

(p. 89, r. 5 sgg.)

Esiste ancora ne’ registri della cancelleria del re Carlo primo all’anno 1274, lett. B, fol. 2, il diploma, con cui si assegna sulla dogana di Napoli questo soldo a fra Tommaso d’Aquino, rapportato nel dotto libro Della storia dello studio di Napoli di Gian Giuseppe Origlia, impresso nel 1753, al t. 1, p. 142. Ma qui mi conviene far avvertire che, se io valutai quell’oncia d’oro, data per soldo a san Tommaso, come corrispondente a sei ducati, ciò fu per riunire in una espressione sola e far comprendere prontamente tutte le variazioni, che il valore della moneta ha fatte tra noi da quel tempo in qua. Il solo peso dell’oncia non si è mutato. Tutto il resto ha cambiato. Il ducato era moneta d’oro, valente la sesta parte dell’oncia. Ora non è piú tale, ed è appena la terza