Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/34

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28 libro primo


cosa con l’altra cambiano, perchè nella egualitá non v’è perdita nè inganno.

Giá, da questo che ho detto, si comprende ch’essendo varie le disposizioni degli animi umani e vari i bisogni, vario è il valore delle cose. Quindi è che altre, essendo piú generalmente gustate e ricercate, hanno un valore, che si chiama «corrente»; ed altre solo dal desiderio di chi le brama avere e di chi le dá si valutano.

Il valore adunque è una ragione; e questa composta da due ragioni, che con questi nomi esprimo: d’utilitá e raritá. Quel ch’io m’intenda, acciocchè sulle voci non si disputi, l’andrò con esempli dichiarando. Egli è evidente che l’aria e l’acqua, che sono elementi utilissimi all’umana vita, non hanno valore alcuno, perchè manca loro la raritá; e per contrario un sacchetto d’arena de’ lidi del Giappone rara cosa sarebbe, ma, posto che non avesse utilitá particolare, non avrebbe valore.

Ma qui giá conosco che non mancherá chi mi domandi qual grande utilitá io trovi in molte merci, che hanno altissimo prezzo. E, perchè questa difficoltá naturale e frequente viene a dichiarare stolti e irragionevoli gli uomini, e distrugge nel tempo stesso que’ fondamenti che ha la scienza della moneta, sará necessario entrare piú diffusamente a dire dell’utilitá delle cose, e come questa si misuri. Se ella non ha principi certi onde dipenda, non gli avrá neppure il prezzo delle cose; e allora non sará piú scienza quella delle monete, perchè non v’è scienza dove non v’è dimostrazione e certezza.

«Utilitá» io chiamo l’attitudine che ha una cosa a procurarci la felicitá. È l’uomo un composto di passioni, che con disuguale forza lo muovono. Il soddisfarle è il piacere. L’acquisto del piacere è la felicitá. Nel che (perchè io, non essendo epicureo, non voglio neppure parerlo) mi si permetta che mi spieghi alquanto e dall’intrapreso argomento mostri di declinare. Egli è da avvertire che quell’appagamento d’una passione, che ne punge e ne molesta un’altra, non è compito piacere; ma anzi, se la molestia che dá è maggiore del piacere, come vero male e dolore conviene che s’abborrisca. Se il dolore è meno del