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Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/78

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72 libro primo


aversi per certo che un tempo questa moneta era reale, come per esperienza si conosce. Non sono gli uomini capaci d’avvezzarsi sulla prima a computare sopra un numero astratto e non significante alcuna materia che gli corrisponda; ma, se dalla vicenda delle cose insensibilmente vi son tratti, vi si accomodano assai bene: di che si dirá piú a lungo nel seguente libro. Ora io farò brevemente conoscere che la misura delle cose con niun genere si può far meglio che co’ metalli.

Hanno necessitá le misure d’esser stabili e fisse il piú che si può: ma questa stabilitá in niuna cosa umana si può sperare di rinvenire. A lei dunque si dee sostituire una lenta mutazione ed una equabile progressione o di accrescimento o di diminuzione, che da niuna vicenda sia sbattuta ed altamente turbata. Or questa condizione, che non ha il grano, il vino, ecc., l’hanno i metalli piú preziosi, i quali, come io dissi, non soggiacendo a diversitá di raccolta, se non nelle scoperte di nuove miniere (che è accidente rarissimo), né a varietá di consumo, hanno prezzo quasi costante e, per la loro universale stima, da per tutto il medesimo, non per tante proprietá che hanno, ma solo per alcune; cioè perché sono metalli, e perché sono dotati di singolar bellezza, sicché in ogni tempo da tutti sono stati apprezzati. Sono i metalli adunque attissimi non meno a pagare che a valutare le cose tutte, e perciò come naturalmente moneta si hanno a riguardare; e, da questo loro istituto volendosi variare, si dee credere che nascerebbe disordine e violenza alle leggi della natura, come quella, che non ha lasciata la materia costituente la moneta in nostra libera elezione, ma l’ha da per se stessa fondata sull’oro e sull’argento.

Sicché, da quanto in questo primo libro si è detto, io voglio che i miei lettori ringrazino la divina provvidenza, che, dopo creati a nostro bene l’oro e l’argento e fatticigli conoscere, gli fece insensibilmente cominciare a vendere a peso, e cosí ad usar per moneta, avendogli, a questo fine, di valore intrinseco e d’altri convenienti attributi dotati; e di tanta bellezza gli ornò, che né la volubilitá delle usanze, né la barbarie de’ costumi, né la povertá, né la soverchia ricchezza hanno avuta