Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/83

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INTRODUZIONE

Tra i gravi e sensibili mali, che i poeti e gli altri eloquenti scrittori hanno arrecati agli uomini, gravissimo è stato senza dubbio quello d’aver falsificate e guaste le idee della nostra mente, distaccandosi da quelle della moltitudine, le quali, perché dalla natura sono prodotte, hanno per ordinario in sé giustizia e veritá. Essi sono stati coloro, che lo stato infelicissimo di natura «secolo d’oro» denominarono; e, quasi l’esser l’uomo simile in tutto ai bruti fosse il punto della sua perfezione, tutti gli ordini della civile societá, che dalla vita ferina e dalle naturali perverse inclinazioni alla maleficenza, crudeltá, odio, invidia e rapacitá ci ritraggono, quasi corruttele d’una ideata innocenza e semplicitá, hanno, non so perché, biasimate. Essi sono quelli, che dell’argento e dell’oro, ch’e’ non aveano, si fecero imprima veementissimi disprezzatori; e forse che cosí credettero vendicarsi di quelle ricchezze, che non potettero né meritavano guadagnare. E, perché le loro composizioni sono ripiene d’ogni ornamento d’eloquenza e da ognuno lette ed apprese, n’è nato che in ogni secolo anche gli stessi savi conformemente alle parole de’ poeti hanno parlato. Ma non han potuto queste parole influire sulle operazioni delle nazioni, essendo per esperienza conosciuto che gli uomini operano per lo piú secondo che la natura, rischiaratrice del vero, ispira loro che si debba vivere; e sieguono poi tranquillamente a ripetere quelle sentenze, che altri eloquentemente ha dette ed essi hanno mandate a memoria, sia che alla condotta della loro vita si accordino, o che ne discordino grandemente. Perciò la moneta,