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capo secondo 93


stati in una rappresentanza della Corte delle monete esposti ed approvati dal re, e sono i seguenti: I. Che si era eccessivamente accresciuto il prezzo delle mercanzie. II. Che si ricevea meno moneta da’ forestieri, che compravano i generi prodotti dalla Francia. III. Che alcune monete, di cui non era alzato il prezzo nell’alzamento fatto, erano state da’ negozianti stranieri aumentate. IV. Che negli affitti e censi stipulati in moneta si perdea molto della vera rendita. V. Che il re perdea molto sulle sue rendite.

Quello, che un uomo savio può su questo editto riflettere, dá lume all’intiera scienza della moneta. In primo si vede che questa rappresentanza espone i danni fatti dall’alzamento: ma questo non ha, né può avere, connessione veruna colla moneta di conto: ed era piú ragionevole domandare uno sbassamento, e non quel che nell’editto s’impose. Né è da dire che si chiese il computo in moneta invariabile, e cosí a’ danni dell’alzamento si chiedea quasi tacitamente riparo; perché, se questa moneta costante non v’è, si domandò una chimera, e la nuova legge d’Errico quarto, che abolí questa, mostra che l’intento non si era ottenuto. Inoltre tutti credono che la moneta immaginaria sia piú stabile della reale; e pure la Corte delle monete domandò una legge da trasportare il conto di lire immaginarie in scudi reali, per averlo cosí invariabile. Cosa stravagante al certo. Né è meno strano che si cerchi aver stabilitá e sicurezza per mezzo di editti ed ordinanze, che sono appunto quelle che la tolgono. Se ella si volea cercare, si potea rinvenire nella natura delle cose, e non altrove.

In secondo luogo anche le doglianze contro l’alzamento non sono tutte vere. La prima, ch’è piú generale, è degna di riso, essendo falso che dopo l’alzamento incaricano le robe. Incariscono di voce, e non di fatto; perché l’alzamento non è che una mutazione di nomi, e que’ nomi, che muta la moneta, gli mutano i prezzi delle merci del pari. Si rassomiglia questo a un uomo, che, dovendo pagar cento ducati, fosse obbligato a pagarne duecento mezzi, e si dolesse che, ove prima sentiva il suono del numero «cento» all’orecchio, ora sente l’altro piú spaventevole di «duecento». Inoltre è per evidenza certo che, quando si