Pagina:Galilei - Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze - 1638.djvu/129

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allungando, e non solo nell’uso trasversale, ma ancora per lo lungo; in quel modo appunto che veggiamo, una corda lunghissima esser molto meno atta a reggere un gran peso, che se fusse corta: onde io credo che una verga di legno o di ferro più peso assai potrà reggere se sarà corta, che se sarà molto lunga; intendendo sempre usata per lo lungo, e non in traverso, ed anco messo in conto il suo proprio peso, che nella più lunga è maggiore.

SALV. Dubito, Sig. Simplicio, che in questo punto voi, con molti altri, v’inganniate, se però ho ben compreso il vostro concetto, sì che voi vogliate dire che una corda lunga, v. g., quaranta braccia non possa sostenere tanto peso, quanto se fusse un braccio o due della medesima corda.

SIMP. Cotesto ho voluto dire, e sin qui mi par proposizione assai probabile.

SALV. Ma io l’ho per falsa, non che per improbabile; e credo di potervi assai agevolmente cavar d’errore.

Però ponghiamo questa corda AB, fermata di sopra dal capo A, e dall’altro sia il peso C, dalla cui forza debba essa corda essere rotta: assegnatemi voi, Sig. Simplicio, il luogo particolare dove debba seguir la rottura.

SIMP. Sia nel luogo D.

SALV. Vi domando qual sia la cagione dello strapparsi in D.

SIMP. È la causa di ciò, perché la corda in quella parte non era potente a reggere, v. g., cento libbre di peso, quanto è la parte DB con la pietra C.

SALV. Adunque, tutta volta che tal corda nella parte D venisse violentata dalle medesime cento libbre di peso, ella li si strapperebbe.

SIMP. Così credo.

SALV. Ma ditemi ora: chi attaccasse il medesimo peso non al fine della corda B, ma vicino al punto D, come sarebbe