Pagina:Garibaldi - Clelia.djvu/233

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l’esercito romano 219


«passo, sono le vestigie di una potenza che ti sgomenta il pensiero — spesso nel medesimo luogo e sul medesimo sasso, ti è data di leggere i ricordi, gli affetti, i dolori di età fra loro lontanissime. Qui tu trovi le colonne dei templi, dai quali gli antichi ciurmatori coi loro oracoli ingannavano le turbe per renderle schiave: e più in là incontri ciurmadori moderni che la religione fanno stromento di sozza tirannide: tristizie antiche e nuove, memorie di prepotenza e prepotenze viventi.

«Se ti fa fremere il grido lontano dei miseri che la fiera aristocrazia precipitava dalle gemonie, fremito più profondo ti desta il grido vivente che esce dalle prigioni piene delle vittime del furore papale: e scavando la terra, puoi trovare le ceneri dei difensori del popolo antico, miste a quelle dei martiri che all’età nostra in nome di Dio e del popolo dettero il sangue alla nuova Bepubblica, e caddero protestando contro il barbaro dominio sacerdotale. E dal meditare sulle memorie recenti ed antiche; trarrai colil’afflitto animo qualche conforto vedendo che per volger di secoli, e per imperversar di tirannide, i lontani figli non perderono l’energia dei primi padri, e su questa terra