Pagina:Garibaldi - Clelia.djvu/342

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Orazio e Muzio stavano insieme in un canto del salone conversando sugli avvenimenti del giorno — quando Attilio 3 giungendo vicino ai due amici, partecipò loro la sua scoperta — ed i tre s’incamminarono giù per le scale verso Piazza S. Marco.

Non furono pochi gli sforzi dei tre amici per rompere la moltitudine ammassata sulla piazza e penetrare sino all’oggetto della loro ricerca — ma vi pervennero alfine — e mentre il solitario richiamato dal popolo al balcone — gettava gli occhi verso il punto — accennatogli prima da Attilio — potè scorgere i suoi giovani amici che accerchiavano il finto popolano di Venezia.

La mano di ferro di Orazio strinse il polso dello sgherro — come una tenaglia; — Muzio con quel certo accento già noto al malvagio, fissandogli negli occhi i suoi occhi fiammeggianti:

«Con noi, Cencio» gli susurrò «e tosto.» — Il famigliare dei preti, — il traditore delle Terme di Caracalla — tremò da capo a piedi — cambiò il rubicondo suo volto in quello di un cadavere — e senza articolare parola — seguì la via indicata da Muzio — in mezzo agli altri due romani che lo spingevano avanti irresistibilmente.