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396 il governo del monaco.


«Corpo di Dio! dissi tra me — e mi slanciai innanzi con tale salto — che certo non potrebbe di più la tigre — quando dal suo nascondiglio della foresta — si slancia sulla preda. — Ma le tenebre furono la mia preda. Invano volteggiai a mulinello per un pezzo — colle braccia tese quanto potevo — colla speranza d’incontrare quel demonio in gonna. — Mi avventai contro la parete, la costeggiai strisciando — a rischio di scorticarmi le mani — e non trovai uscio. — Finalmente, dopo aver tentennato alquanto — e quasi alla disperazione — mi appoggiai fortemente al muro — e lo sentii cedere alla mia spinta. — Ripresi speranza — ripassai la mano su quella parte di muro ed a mia sorpresa trovai che era legno — di che non m’era accorto prima — nella mia indagine precipitosa. Forzai di nuovo e sentii girare — come una porta sui gangheri — e nello stesso tempo un’aura, un puzzo cadaverico — mi giunsero dalla parte esterna — e mi colpirono quasi in modo da togliermi il flato. — Voltai la testa verso le stanze per sfuggire a quell’aria appestata. Il lamento che avevo udito prima mi ripercosse l’udito — e quasi calmò il mio sussulto.