Pagina:Garibaldi - I Mille.djvu/106

Da Wikisource.
82 i mille


non si risente degli oltraggi e delle umiliazioni a cui abbassano l’Italia, questi impostori in connivenza colla tirannide!

«Io chiedo poco, Marzia: dimmi soltanto ciò che tu sai di quei disgraziati che si chiamavan Mille, e che ora son morti per la maggior parte, o fuggenti verso l’Africa».

Spossata la sventurata fanciulla dalle privazioni, dalla scellerata scena, e più dall’aura mefìtica dell’angusto e putrido suo carcere, non rispondeva alle infami insinuazioni del Gesuita, che con alcune mal articolate maledizioni. Poi tacque assolutamente per ciarlar che facesse lo iniquo.

Il prete — colla perseveranza che distingue questa razza di lupi — credendo Marzia sopita, o svenuta, riapriva; e diretto il chiarore della lanterna, verso il volto di lei, credè veder gli occhi chiusi da sonno, o da sincope, e si avventurò nella cella — non certo con onesto divisamento.

Ma il fulmine non colpisce con più velocità l’altiera quercia od il campanile della bottega, quanto colpì la nostra eroina il malvivente tentatore. — Essa volò sulla parte superiore del gesuita, lo squilibrò, rovesciollo, e come se fossero d’acciaio, conficcò le sue dita nel collo del giacente.

Era bello e spacciato monsignor Corvo, se un baccano che successe quasi contemporaneamente, non gettava l’allarme tra la dormente guar-