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scaglionata davanti alla formidabile fortezza di Melazzo, era protetta da quelle grosse artiglierie, ed aveva la sua fronte coperta da varie siepi di fichi d’India — trincee non indifferenti per chi deve assalirle e superarle.

Il centro delle rispettive riserve, sullo stradale che conduce in Melazzo, era coperto da un muro di cinta fortissimo, a cui s’eran praticate molte feritoie, e lo stesso muro coperto da folti canneti che ne rendevano l’assalto pericolosissimo. Dimodochè il nemico, ben riparato, con armi buone, osservava, scopriva e fucilava i nostri poveri militi armati d’armi pessime, e fallacemente coperti dai suaccennati canneti — impiccio per noi, trattenendo lo slancio dei nostri senza ripararli assolutamente.

La sua sinistra in possesso d’una linea di case a levante di Melazzo formava martello, e quindi fiancheggiava con un fuoco micidiale i nostri all’assalto del centro.

L’ignoranza del terreno, su cui si pugnava, fu la causa principale di perdite considerevoli per parte nostra, e molte cariche che si fecero sul centro nemico, quasi inespugnabile, potevano risparmiarsi.

Invano io era salito sul tetto di una casa per poter scoprire qualche cosa — invano avevo fatto caricare sullo stradale per lo stesso motivo.

Molti morti e molti feriti erano il risultato delle nostre cariche sul centro, ed i nostri poveri giovani erano respinti, senza aver potuto scoprire