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capitolo xxvii 133


splendida delle vittorie cattoliche, la conversione di due anime ebree, cioè dannate e ritornate al santo grembo di Dio, che è la sua Chiesa».

«Madonna» rispose il generale Comandante la cittadella di Messina, «Voi non dubitate certamente dell’immenso mio desiderio a compiacervi, ma voi mi proponete un’impresa ardua. La Marzia è molto amata e stimata sul campo dei rompicolli; se il minimo barlume trasparisse dell’impresa nostra per impadronirsene, non solo sarebbero sterminati coloro che tentassero di rapirla, ma forse succederebbe la sorte stessa a quanti parteggiano per noi in Messina.»

«Già lo sapevo, ripigliò l’altera contessa, che poco o nulla s’ha da sperare dai generali di Francesco II, quando essi si lasciarono carpire la Sicilia intiera da pochi filibustieri nudi e male armati». E la bella malvagia donna, così dicendo, ritirò la sua sedia dalla vicinanza del generale, e si mise a squadrarlo alzando il bellissimo capo, e dondolandolo, — che avrebbe potuto servir di modello a Michelangelo, quando concepiva l’idea di far una statua dell’Italia d’uno dei più alti picchi degli Apennini1. Essa lo fissava nello stesso tempo con due occhi, ove non so se imperasse più la seduzione della superba figlia d’Eva o il disprezzo che generalmente hanno le donne per i codardi.

  1. Una delle Garfagnani.