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capitolo xxxix 205


quel mentre, dico, una mano d’acciaio la stringeva sul destro braccio e la sollevava come una bambina dall’onda, per riposarla sul marciapiede d’una scalinata di granito alla sponda destra del Tevere.

Nel forte della tempesta, quel sito era rimasto deserto, ma siccome i nembi estivi non sono durevoli, presto la calma successe al temporale, e la gente ricominciò a circolare anche nel luogo della catastrofe; per cui la bella naufraga fu presto trasportata al coperto.

La prima casa vicina accolse la vezzosa svenuta, ed alcuni cordiali la resero alla vita. — Un giovane di marziali fattezze stava ai suo capezzale, e per sorte, nella folla che circondava il suo letto, colui fu il primo su cui fissaronsi gli occhi della contessa quando tornò in sè. Aprir gli occhi, fissarli sul suo salvatore, scuotersi e tentar di spingersi verso di lui, fu tutto un momento. E chi avea detto alla sedotta dal gesuita che colui l’avea tratta dall’onda, da morte certa, col pericolo della propria vita? L’avea essa scorto mentre travolta nei frangenti? Impossibile! forse quella corrispondenza d’amorosi sensi, celeste dote degli umani, di cui ci narra Foscolo, avea penetrato, o trovavasi senza dubbio nell’anima della sventurata nobile romana? — Forse in quei sogni di felicità che cullano ogni creatura, essa avea sognato, veduto nel delirio della immaginazione esaltata, tale bellissima e fiera figura, e s’era fatto un idolo di colui che ora è realmente davanti ad essa?