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ne saran contenti. È vero, che Tifone, freschissimo d’omicidio, era però uno dei paladini della camorra, e come tale dal 2° Comandante del forte S. Elmo, trattato coi guanti bianchi, ed alloggiato in sito abitabile.

«Tifone» cominciava il maggiore al camorrista fatto condurre in un gabinetto segreto del forte «hai già sofferto abbastanza di prigionia per una misera pugnalata somministrata a quello stupido di Gambardella1 che ci tradiva assumendo l’aria di liberale. Per me, sei libero! (e dopo alcuna pausa) e ti permetterò di andare in città quando vorrai, anzi io stesso t’invierò in missione importante».

«Gnor sì» rispondeva il masnadiero al comandante, fissandolo in viso, mentre questo da parte sua scrutinava pure la sinistra fisonomia del primo per scoprirne l’effetto delle sue parole.

«Gnor sì. — E V. S. sa quanto io son devoto alla causa sacrosanta del re e della chiesa: soltanto la prevengo di farmi restituire il ferro che mi tolsero quando mi condussero qui».

«Non solo ti farò restituire il ferro, replicò Fior di Bacco, ma ti darò molti mezzi onde poter adempire colla tua solita solerzia la delicata impresa che voglio affidarti. Ti raccomando soltanto, essendo fresco il tuo omicidio, di non comparire di giorno per le strade. — Mangiare, bere

  1. Gambardella fa pugnalato dalla camorra poco dopo la nostra entrata in Napoli. Era un pescivendolo, eccellente popolano.