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capitolo xlviii 283


alle spalle, movimento d’altronde ben eseguito, e con molta sagacia, e di notte, provava essere egli ben pratico del paese. — Tra le strade che dal Tifate e dal monte S. Angelo, mettono verso Capua, ve ne sono alcune incassate nel terreno, che posa su tufo vulcanico, alla profondità di più metri.

Tali strade furono probabilmente praticate a’ tempi antichi, come comunicazioni tattiche di un campo di battaglia; e le acque piovane, scendendo velocemente dai monti circostanti, hanno senza dubbio influito a scavarne maggiormente il fondo.

Il fatto sta che in qualunque di quelle strade incavate, ponno transitarvi al coperto forze considerevoli, anche con artiglieria e cavalleria.

I generali borbonici, nel loro meditatissimo piano di battaglia, aveano accortamente approfittato di tali accidentalità del terreno, e v’inviarono di notte alcuni battaglioni con ordine di attaccarci alle spalle, mentre la battaglia s’impegnava al fronte.

Uscito dalla mischia, in cui casualmente m’ero trovato per un momento, m’incamminai coi miei aiutanti verso S. Angelo, credendo essere il nemico solo alla sinistra nostra, ma m’ingannavo, ed una furiosa fucilata alla nostra destra, partita dalle falde dei monti, al nostro indirizzo, mi persuase esservi nemici anche da quella parte. Era la situazione imbrogliata. I miei aiutanti ed io, a piedi, poiché i nostri cavalli eran rimasti con