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capitolo ii 7


Brulicando sul litorale dell’orientale Liguria, silenziosi, cupi, penetrati dalla santità dell’impresa, ma fieri d’esservi caduti in sorte — aspettavano impazienti i Mille — succedan pure i disagi o il martirio!

Bella! notte del gran concetto! tu rumoreggiavi nelle fila di quei superbi, di quell’armonia indefinita, sublime, edificante, con cui gli eletti della specie umana sono beati contemplando l’Infinito nell’infinito1.

Io l’ho sentita quell’armonia in tutte le notti che si somigliano alle notti di Quarto, di Reggio, di Palermo, del Volturno!

E chi dubita della vittoria, quando essa, portata sulle ali del dovere e della coscienza, questi ti sospingono ad affrontare i perigli e la morte, dolci allora come il bacio delizioso della donna del primo amore?

I Mille battono il piede sulla spiaggia, come il corsiero generoso impaziente della battaglia. E dove van essi a battagliare? Han forse ricevuto l’ordine d’un sovrano per invadere, conquistare una povera, infelice popolazione, che, rovinata dalle tasse di dilapidatori, ha rifiutato di pagare il macinato? No! Essi corrono verso la Trinacria, ove i Picciotti, insofferenti del giogo d’un tiranno, si son sollevati ed han giurato di morire piuttosto che rimaner schiavi.

E chi sono i Picciotti? Con questo modestissimo titolo, essi altro non sono che i discendenti

  1. Per Infinito intendo Dio come lo spazio.