Vai al contenuto

Pagina:Garibaldi - I Mille.djvu/364

Da Wikisource.
340 i mille


libertà, era il gran numero dei feriti — proporzionatamente all’esiguo numero degli avanzi dei trecento — ed era cotesto il maggiore dei pensieri dell’illustre capo.

Abbandonarli quei prodi compagni feriti! — nemmeno per sogno, piuttosto perire tutti che lasciare alla ferocia del prete e de’ suoi fanatici tante nobili vittime! — E così si fu obbligati di rimanere per alcuni giorni in Isernia, ove nulla si trovava perchè portato via o distrutto; ma almeno i sofferenti avevano un tetto da ricoverarsi dalle intemperie ed alcuni giacigli ove riposare le membra stanche ed addolorate. Si prepararono delle barelle in mancanza di veicoli; si sacrificarono alcuni cavalli e si trovarono pochi polli nei dintorni per avere un po’ di brodo per gl’infermi. Difficilissimo, poi, fu trovare dei panni da far fascie e filaccie per le ferite. Anche i sani trovarono difficilmente da mangiare e fu quindi ben malinconico il soggiorno dei nostri in Isernia.

Che importava fossero italiani, e della miglior specie! Essi erano eretici! maledetti da Dio! e quindi condannati all’inferno! all’inferno, capite! — in quella bagatella di fuoco eterno che i preti han trovato sì comodo per arrostire coloro che non vogliono saperne della loro bottega e che non vogliono pascere l’insaziabile loro ventre e le sante loro lussurie!

Venne finalmente il giorno della partenza; e benchè molti nella colonna credessero le maggiori difficoltà superate, non era questa l’opinione