Pagina:Garibaldi - I Mille.djvu/389

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capitolo lix 365


sogna evitare a quell’infelice signora, qualunque motivo d’emozione. — Essa non è curabile; comunque, per ragioni d’umanità, convien far men penosi che sia possibile gli ultimi momenti di lei». Una lagrima, fu la risposta della generosa abitatrice di Tora. E dobbiamo confessare che, malgrado l’essere cotesta contrada anche infesta dalla mala pianta del chercume, i nostri feriti furono molto ben trattati in generale, e massime le belle ed interessanti figlie di Roma. E speriamo con ragione, che la razza italica riprenderà il suo ascendente nel mondo, quando giungerà a sradicarla — fino all’ultimo filo, s’intende — perchè, se no, si riprodurrà sempre come la gramigna.

Le prescrizioni mediche, siano esse da attuarsi in casa particolare, o negli spedali, sono, generalmente, non eseguite puntualmente: e qui non fu veramente colpa delle signore infermiere, se tali prescrizioni vennero pure infrante. Il vecchio Elia, che da parecchi momenti era divenuto un energumeno da non poter più stare nella pelle, approfittò d’un istante in cui le donne sollevavano la testa della contessa, per darle da bere, e presentò agli occhi di lei una collana d’oro, con in fondo una croce bellissima, dello stesso metallo, tempestata di diamanti ricchissimi, che abbagliavano la vista col loro splendore. All’atto, il vecchio aggiunse i seguenti nomi: «Virginia e Silvia!» — «Silvia!» esclamò la contessa — ed i suoi occhi vitrei fissaronsi sul prezioso gioiello, come se stato fosse un talismano, — e la