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capitolo lxiii 391


rivassero la mia memoria ed il mio ingegno. Lascio quindi ad altri, più di me capaci, la cara e patriottica commemorazione.

Io gli ho veduti morenti! e narro di loro cogli occhi umidi ed il cuore commosso. Sì! morenti quei miei cari giovinetti! leoni sul campo di battaglia, ora giacenti sul letto del dolore! Molti non giungevano ai tre lustri! Le loro belle capigliature — bionde, nere, castagne — poichè esse ponno additare alle varie latitudini di questa bella nostra penisola — le loro belle chiome erano scapigliate, ed a molti intrise di sangue!

Io piango scrivendo!.....

I loro occhi infantili — in cui han cessato di bearsi le genitrici sventurate — i loro occhi, rivolti a me, animaronsi, come se volessero rassicurarmi, consolarmi nel mio cordoglio e dirmi: «Non è nulla! il dover nostro l’abbiamo fatto, e moriamo contenti, giacchè la vittoria sorrise alle armi dei valorosi!»

A molti, il loro ultimo pensiero era rivolto a questa terra, che per loro, per il nobile sacrificio della loro vita, non sarà più ancella di prepotenti — e morivano esclamando: «Viva l’Italia!» — E l’Italia li ha scordati: poveri giovani!.....

Le loro madri cercheranno invano ove caddero, ove morirono, ed ove furono sepolti, forse, dalla commiserazione di qualche bifolco!

E l’Italia lascia in piedi il monumento eretto dai suoi barattieri, corruttori e carnefici al mercenario straniero! Oh s’io potessi ricordarmi di