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capitolo vi 27


grandinata di palle. — E noi! — Mi fa ribrezzo il ricordarlo! i catenacci che ci aveva regalati il Governo Sardo, ci negavano fuoco, e si scorgeva il dispetto sull’eroiche fisonomie di quei giovani, che spero saran presi ad esempio dalla generazione che segue, destinata a compiere l’opera santa.

Qui pure fu grande il servizio reso dai figli della Superba (1) che armati delle loro buone carabine, sostenevano l’onore delle armi. — Tutti poi corrispondendo all’intemerata risoluzione di andar avanti, finirono coll’affidarsi al freddo ferro delle loro baionette.

Calatafimi! Io, avanzo di tante pugne, se all’ultimo mio respiro — i miei amici vedranmi sorridere l’ultimo sorriso d’orgoglio — esso sarà ricordando — Tu fosti il combattimento più glorioso di popolo!

I Mille, vestiti in borghese, degni rappresentanti d’una nazione oppressa, assaltavano, col sangue freddo dei Trecento di Sparta o di Roma, un nemico numeroso, di posizione in posizione — e formidabile — ed i soldati della tirannide brillanti di pistagne e spalline fuggivano davanti a loro!

Come potrò io scordare quel gruppo di giovani, che tementi di vedermi ferito, m’attorniavano, facendomi del loro prezioso corpo un baluardo impenetrabile!

  1. Genova.