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capitolo trentesimo. 99

Partito da Montevideo coi tre legni suddetti, ebbi da sostenere un primo combattimento contro le batterie dell’isola di Martin-Garcia, isola che comanda il fiume verso il confluente dell’Uruguay col Paranà, d’un’altezza considerevole ed alla quale bisogna passar vicino non essendovi altri canali più lontani adeguati per bastimenti grandi. Ebbi alcuni morti e feriti in quel primo conflitto e passai oltre.1

A tre miglia da Martin-Garcia arenammo colla Costituzione, e disgraziatamente in tempo che la marea abbassava, dimodochè immensa fatica ci costò il poterla rimettere a nuoto, ma grazie a molta risoluzione ed energia da parte di tutti, ufficiali e marini, non fu perduta in quella circostanza la nostra flottiglia.

Mentre eravamo occupati a trasbordare gli oggetti di peso sulla Procida comparve la squadra nemica dall’ altra parte dell’isola, avanzandosi a piene vele e con vento favorevole su di noi con sette legni. La Costituzione era arenata circa tre piedi e priva dei suoi j)rincipali cannoni, ammonticchiati sulla piccola Procida. Era quella veramente una terribile situazione per me. La Procida completamente inutile, la Costituzione più inutile ancora, non rimanevami senonchè il brigantino Pereira, il cui coraggiosissimo comandante trovavasi vicino a me colla maggior parte del suo equipaggio, aiutandoci nei nostri lavori.

Intanto il nemico procedeva superbo alla vista ed alle acclamazioni delle truppe dell’isola, sicurissimo della vittoria, con sette forti legni da guerra, e noi rimasti con un solo disponibile ma debole. Il mio animo non era dato alla disperazione, ciò -che non mi è mai succeduto, ma lascio all’altrui sagacia il figurarsi lo stato mio. Non si trattava della vita sola, di cui poco m’importava in quei momenti: ma benchè fosse forza d’imprevisti e fatali avvenimenti, anche morendo difficil-


  1. Perdetti un ufficiale italiano di molto valore in quella pugna, per nome Pocaroba, di Genova. Ebbe la testa portata via da una palla di cannone.