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capitolo sesto. 433

giani trovarono subito due baroccini, e via per Livorno. A Livorno si giunse in casa Sgarallino, ove trovammo le sole donne, che ci accolsero con molta benevolenza. Ivi venne Lemmi che da vari giorni ci aspettava con una carrozza per condurci a Firenze. Montammo e si giunse nella capitale verso la mattina, accolti con gentile ospitalità in casa della famiglia Lemmi.

Il 20, in Firenze, fui accolto dagli amici e dalla popolazione, a cui non si potò nascondere il mio arrivo, con dimostrazioni di gioia, sebbene si trattasse di acquistar Roma capitale d’Italia e togliere il primato alla gentile Firenze, il generoso popolo fiorentino giubilava. Grande e vera manifestazione di patriottismo, di cui l’Italia, come a Torino in pari circostanza, deve tener conto.

Raggiungere i miei fratelli d’armi ed i miei figli che si trovavano al campo in presenza dei nemici era il mio maggior desiderio, e quindi fu breve la mia permanenza nella capitale. Passai a Firenze il resto del giorno 20 e tutto il 21 ottobre. Il 22 con un convoglio speciale mi avviai verso la frontiera romana sino a Terni, e di là in carrozza per il campo di Menotti, che raggiunsi il 23 al passo di Corese.

Essendo la posizione di Corese poco idonea ad una difesa per truppe in pessima condizione, coni’ erano i nostri poveri volontari, marciammo su Monte Maggiore, e da questa posizione nella notte dal 23 al 24 ci dirigemmo in diverse colonne su Monterotondo, ove si sapeva trovarsi circa quattrocento nemici con due pezzi d’artiglieria. La colonna comandata dai maggiori Caldesi e Valsania doveva principiare il suo movimento alle otto pomeridiane del 23, giungere a Monterotondo verso mezzanotte, e procurare d’introdursi nella città con un assalto dalla parte di ponente, che si credeva ed era veramente la parte più debole, giacchè le mura di cinta rovinate erano state supplite da case, con porte esterne, e quindi di non difficile accesso. Questa colonna di destra, composta la maggior parte di coraggiosi Romagnoli, per gl’inconvenienti inseparabili ad un corpo

G. Mem. 28