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44 primo periodo.

con tutta l’agilità di cui ero capace, che già una lancia nemica aveva forato il mio poncho (cappotto americano o mantello).

Fortuna nostra che, essendo stati in allarme la notte, trovavansi tutti i nostri fucili carichi ed appoggiati alla parete, nell’interno del locale. Solo, in quel primo momento, io cominciai a scaricar fucili e rovesciar nemici.

Ignazio Bilbao, biscaino, e Lorenzo N., genovese, ambi valorosi ufficiali, mi furono a fianco in un momento, quindi Edoardo Matru, Natale, Raffaele, Procopio, uno mulatto, l’altro nero, ambi liberti, ed un nostruomo mulatto chiamato Francisco. Oh! vorrei ricordare il nome di tutti quei valorosissimi uomini in numero di quattordici che combatterono per varie ore contro centocinquanta nemici, uccidendone e ferendone molti sino a liberarsene completamente.

Fra i nemici vi erano ottanta Austriaci di fanteria, che solevano accompagnare Moringue in tali operazioni, ed eran buoni soldati a piedi ed a cavallo. Al loro giungere misero piede a terra ed attorniarono la casa, profittando degli accidenti del terreno, d’alcuni cespugli e casipole che circondavano lo stabilimento principale. Tale loro manovra fu la nostra salvazione. Fecero contro noi un fuoco terribile da tali posizioni, cioè contro il portone principale; ma, come succede sempre nelle sorprese, non ultimando l’impresa e fermandosi, essa difficilmente riesce.

Se invece di prendere posizione, i nemici avanzano sul galpon e lo invadono risolutamente, tutto era finito, non potendo certamente uno solo o pochi resistere a tanti; molto più che larghi da transitar carri carichi erano i portoni laterali del galpon, che restarono e lasciammo aperti sempre per non manifestar timore.

Invano affollaronsi contro le pareti tutto in giro, invano salirono sul tetto, distruggendolo, e precipitando sulle nostre teste rottami e fascine incendiarie. Dal tetto furono sloggiati a fucilate e colpi di lancie da fe-