Pagina:Garrone-Ragazzoni - Edgar Allan Pöe, Roux Frassati, Torino, 1896.pdf/156

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La morte quindi di una bella donna è incontestabilmente il tema più poetico del mondo, ed è in pari tempo fuor di dubbio che il labbro più appropriato a svolgerlo è quello di un amante desolato.

Mi rimaneva allora a combinare queste due idee: Un amante piangente la sua innamorata morta, ed un corvo ripetente continuamente la parola mai più.

Bisognava combinarle; ed avendo sempre presente l’idea di variare ad ogni volta l’applicazione della parola ripetuta, il solo mezzo possibile per una tale combinazione mi parve quello di immaginare un corvo, serventesi della parola stessa, per rispondere alle domande dell’amante.

E fu allora che m’accorsi, ad un tratto, della facilità che da ciò mi veniva offerta, per l’effetto che dal mio poema mi ripromettevo, vale a dire la produzione dell’effetto mediante il ritornello.

Capii che potevo far volgere la prima domanda, a cui il corvo doveva rispondere mai più, come un luogo comune; la seconda, come qualche cosa di meno usuale, la terza, qualche cosa di meno comune ancora, e così di seguito fino a che l’amante, tratto alla fine dal suo abbandono dal carattere lugubre della parola, e dal pensiero della riputazione sinistra dell’augello che la pronuncia, si trovi agitato dalla superstizione e lanci pazzamente delle richieste di un carattere affatto differente; domande appassionate ed interessanti pel suo cuore; domande rivolte un po’ per un sentimento di superstizione, un po’ per quella disperazione singolare che trova una voluttà nella sua tortura, e ciò non già perchè l’amante creda