suo tristo, e scelerato. Di quell'altro raccỡtano il Platina, e 'l Corio, [Il Corio.] che entrò nel dominio come agnello, visse come Leone, e morse come lupo. Né libri de' Regi habbiamo di Ioas figliuolo di Ochezia Rè di Giuda, che per un grã tẽpo fu ottimo governatore del regno, e in fine divẽne come tirāno la onde meritò da' servi proprij esser in letto acciso. Per un'altra ragione è giudicato il governo perpetuo nỡ esser aproposito, perché se un altro ha d'ambire l'istesso governo, egli è molto minor male desiderare la contumacia, o vacatione di quello, che la sua morte, per la quale sola può pervenire al fine del suo desiato intẽto; e perché sovẽte accade, che i buoni Governatori si cãgiano in rei, onde porgono ad altri materia di procurargli dãno, cỡ la vacatione propinqua lietamẽte aspettata essi molte fiate impediscono il dãno, e gl'altri portãdo patiẽza cessano dal male, che forsi operarebbono, dovẽdo il governo esser perpetuo. Per questo si legge in Plutarco [Plutarco.], che Silla deponendo la dittatura perpetua, e vacãdo spőtaneamente, si rese ammirabile appresso a' Romani, et assicurò talmẽte la vita sua, che cỡ tutto che havesse infinite inimicitie nella città, non si trovò mai altri, che un putto al quale haveva egli ucciso il padre, che osasse fargli oltraggio, e villania. Per il contrario Cesare, fin che fu cỡtento de gradi della republica cỡsueti, passò con felicità grandissima il corso di sua vita, ma quando prese l'imperio assoluto della patria cỡ quella essosa perpetuità, ritrovò un Brutto, e un Cassio, i quali bruttamẽte lo cassarono di questa vita con infelicissima morte. Ne vale quella frivola ragione, che allegano alcuni, cioè che la perpetuità de' governi accẽde i prorij Governatori a' maggiore amore verso i luoghi da lor governati, perché cỡ l'isperiẽza si trova, che a pữto se ne invaghiscono tãto, che voglion esser nỡ Governatorij ma Prẽcipi e si fã così forti in quei luoghi, che paiono signori a bacchetta, e non ministri, come veramẽte sono.[Il Corio.] L'esẽpio è chiaro appresso al Corio, al Platina, al Sabellico, [Il Platina.] al Biỡdo di molti tirãni d'Italia, i quali nel tẽpo , che la fede Apostolicaera trasferita in Avignone,[Il Sabellico.] di puri Governatori delle città della Chiesa , diventarono,[Il Biỡdo.] mediāte l'amore del regnare assoluti padroni d'esse, e si fecero così forti, che a discacciargli vi bisognaron l'armi , o gli esserciti; e tutte le forze del Papato. Hor cotesto è l'amore, che portano a' luoghi, che si fā èadroni d'essi, e sỡ tāto acciecati dal proprio interesse, ch'ogni cosa par di loro, le possessioni, gli horti, i giardini, le case, i denari, i servitori, la robba tutta in somma è la loro, ne si conosce ministerio d'alcuna sorte, ma solamente principato, regno, e tirannia. Che cosa dirà il mondo? s'hanno da tacere queste ragioni, o nò? Non è egli il vero, che i Governatori con bestiali metamorfosi divengono tiranni? Quando un ministro overo s'arroga il commune per se stesso, dissipa i beni publici, consuma in banchetti l'entrate universali, rende conto alla grossa del suo maneggio, spende, e spande come un Prencipe, tiene copia grandissima di servitù per se solo, s'allarga in tutti i piaceri carnali, e dissolutioni venere, riduce in misera servitù