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biezioni che alla niente di non pochi balenano o che alcuni anzi diligentemente affidano alla loro memoria per impedire che la riforma alta e proficua si verifichi.
(Abbondano i conigli e non difettano le ostriche che hanno la più strana paura di perdere lo scoglio).
Si dimanda: — Colla soppressione o colla riduzione degli esami speciali quali oggi seguono, come ci assicureremo che i nostri figli studino?
— Ebbene, seguita la riforma, entrando nell’Ateneo ogni studente sa che deve scegliere i suoi insegnanti: sa che dovrà dar prova del suo sapere innanzi ad una commissione da cui non è conosciuto e quindi studia.
Entrando nell’Ateneo egli sa che il suo avvenire dipende da lui: che nessuno lo deve guidare per mano; che è pienamente libero; egli sa d’essere uomo e non un giovanetto. Questi pensieri nobilitano e, quando è tempo di studiare, studia.
L’esame speciale in Italia — lascio le eccezioni — indica, prova forse che il candidato sa realmente la materia su cui lo ha sostenuto? Certamente no: centinaia di professori non insegnano affatto o dànno un limitatissimo numero di lezioni: e centinaia di professori non svolgono che un terzo od una metà del loro programma.
E ciò non rammento per condannarli. No; essi e perchè senatori, o perchè deputati, o perchè