il suo inno di morie. Nulla valse a distrarlo
dalla funesta sua idea che fini per esaurire
le estreme sue forze. Alfultimo fu costretto
a porsi e letto e spirò il 5 settembre
1791 prima di aver tocco il trentesimosesto
suo anno. Così tristamente si spense
la vita di quest’uomo, la cui infanzia era
stata contornata da prestigi e da lusinghe,
ma che giunto alfelà virile, solo conforto
trovar seppe nel lavoro. Con queste parole
il sig. Fétis nella Biografia già citata chiude
la narrazione della vita dell’esimio artista.
Prosegue quindi ad enumerare la mirabile
quantità di opere sia teatrali, sia stromentali
che dal 1784 fino al 1791 venne producendo
la instancabile sua fantasia. In tutte
l’attento occhio dell’intelligente ravvisa l’impronta
di una superiore creazione, in tutte
la scienza più elevata si collega alla gastigatezza
dello stile, senza che mai traspaja
lo stento dello studio o l’affettazione della
dottrina. In Mozart, come negli altri grandi
compositori della scuola tedesca, la parte
matematica dell’arte, o a dirlo volgarmente,
le combinazioni contrappuntistiche, per
quanto ingegnose, per quanto ricercate appajano,
non sono mai usate colla sciocca
mira di far pompa di scolastico magistero
o colla vana ambizione di far inarcare le
ciglia dei pedanti barbassori, i quali sogliono
apprezzare il pregio di una partitura
in ragione della quantità degli astrusi accordi
e delle armoniche difficoltà cercate a
bello studio e con dotta e improba fatica
di mente superate.
Nelle grandi e splendide loro composizioni
la dottrina dei numeri, per quanto
superiormente usata, non lo è mai come
scopo ma sempre quale mezzo dell arte.
L’espressione,il calore, l’evidenza delle idee,
l’ordinato loro sviluppo, il succedersi, l’intrecciarsi
spontaneo di esse, in guisa che
le diverse parti della locuzione musicale
sieno l’une alle altre così felicemente legate
e assorellate che ne risulti un tutto
omogeneo-, la varietà nell’unità, la vivezza
del colorito e l’eleganza delle concertazioni
stromentali sempre combinate colla
chiarezza e colla semplicitàecco a quali
risultamenti è sempre indirizzato lo studio
scientifico che si ammira nel comporre dei
sommi maestri di una scuola che un falso
pregiudizio fa credere al volgo de’ nostri sedicenti
musicofili, non essere per altra cosa
stimata ed acclamata che per la sua superiorità
nelle lambiccature e nelle astrusaggini
del contrappunto! Ma a chi spassionato
osservi con fino gusto, e retto e
nobile sentire le belle produzioni del genio
degli Handel, degli Hasse, dei Gluck,
dei Beethoven, dei Mozart, ben altro verrà
veduto che non questi al tutto secondarii
e materiali pregi del grande stile musicale.
Ispirazione, sentimento, grandezza e originalità
di pensieri, chiarezza, ordine logico,
euritmia nel tutto e nelle singole parti,
questi sono i vanti (per nostro particolar
conto non lo ripeteremo mai abbastanza)
dei capolavori, a’quali noi siamo forse accusati
di prestare un cullo troppo esaltato
e pretenzioso. Senonchè, volendo anche ammettere
che la nostra ammirazione per i
più vantati capolavori della scuola musicale
tedesca sappia alcun po’di entusiasmo
non sarebbe egli da perdonarsi questa colpa
di eccesso a noi che, essendoci proposto il
difficile assunto di additare, colla scorta
delle migliori dottrine, la via più retta che
deve percorrere l’arte, la vediamo da tanti
e tanti trascinata per l’opposto sentiero,
per quel sentiero, cioè che, a nostro giudizio, non mancherà di guidarla alla sua
rovina, se non avrà forza di far argine al
corrotto gusto della turba appunto la voce
dei pochi cui le verità che noi proclamiamo,
senza vani riguardi alle pregiudicate esclusive
opinioni, paiono tutt’altro che da porsi in
dubbio? À quale diverso scopo vorrebbero
dirsi dedicati questi nostri studii biografici
sui più grandi e stimali compositori troppo
presto fra noi dimenticati, se non a questo, di opporre la verace e incontrastata
splendidezza della loro gloria immortale ai
vani e ingannevoli bagliori di tante illustrazioni
musicali della giornata che si credono
certe di valere molto più di quegli
illustri, solo perchè dalla voce adulatrice
degli inscienti si odono susurrare ad ogni
tratto all’orecchio che la musica degli antichi
è musica da papaveri e perciò solo
degna di starsene sepolta nell’obblio, e la
loro invece più gradevole, più popolare,
più animata, a tutto buon dritto galoppa
trionfalmente pei teatri della Penisola, e
mette in orgasmo gli appaltatori, gli agenti
teatrali, le platee, i giornali....?
Potrebbe essere tema di un’apposita
serie d’articoli il venire indagando per
quali cagioni è sì diversa la sorte dei due
affatto opposti generi di musica, l’antica
classica, cioè, e quella che si compone
oggidì, la prima dimenticata e tenuta poco
meno che in ispregio dagli impresarii, dai
cantanti e dal pubblico, l’altra esaltata oltre
ogni giusta misura;, e forse si vedrebbe che
molte di esse cagioni derivano appunto
dalle condizioni tutt’alti’o che felici in che
si trova al presente l’arte musicale in Italia;,
e dall’attento esame delle medesime
risulterebbe più chiara all’occhio degli imparziali
la necessità di ridestare la stima
e l’amore ai capolavori classici, e far nascere
quindi la voglia di vederli richiamati
all’onor della scena, onde servendo di
quadro di raffronto alle tante produzioni
melodrammatiche che vediamo a’ dì nostri
comparire e scomparire come fantasmi o fuochi
fatui, giovassero ad un tempo quale mezzo
di educazione alle platee, servissero di vivo
modello e di eccitamento al far meglio ai
giovani compositori dotati di vero talento,
(e grazie alla inesauribile potenza del genio
italiano ve ne ha non pochi di questi)
e fossero sgomento e vergogna ad alcuni
pochi impudenti profanatori dell’arte, i
quali per avere imparato a raccozzare alla
peggio dei pensieri qua e là rubati a casaccio
e a man salva, e trovato modo a
cucirli insieme a foggia di cavatine, di
duetti, e di pasticci, cui si dà nome di
pezzi concertati, si credono maestri laureati,
e non arrossiscono di sorridere in
viso con aria beffarda a chi li consiglia a
vegliare le loro notti sui grandi capolavori
degli antichi, e per tutta risposta a così savie
parole si accontentano di rispondere:
«genio ci vuole, genio e non pedantesca
dottrina!» Ma di qual genio essi intendano
parlare in verità non sappiamo:
quello che veramente sappiamo si è che il
vero genio non disprezza la dottrina, ma
la stima e ardentemente la desidera quale
potente aiutatrice delle sue migliori ispirazioni.
Così sempre pensarono i sommi
artisti che aspirar vollero a incontestata celebrità-,
così sempre pensò Mozart. All esame
dell’indole e delle somme bellezze delle sue
più acclamate composizioni consacreremo
quanto prima un’altro articolo.
E.
ESTETICA MUSICALE
SOPRA li’USO DE’ SExlIimi
PENSIERI E PRECETTI III REE CANTO («),
METTERÀ
Al nobile ed ’egregio sig. Giovanni
Colleoni da Rerganio.
E che potrò io aggiungere di più alla
di lei difesa de’passi cromatici applicati
alle parole di doloree d’affanno? Ella ha
giudicato in conformità delle sensazioni
che producono in lei, ed è ben cosa certa
che il sentimento s’inganna assai meno nei
suoi giudizi, che non è l’intelletto. - Ella
è appoggiata sulla sentenza d’uno scrittore
filosofico estetico, che a motivo delle persecuzioni
cui ha dovuto soffrire in Francia
può ben dirsi il martire della musica
italiana (f) - e ne ha dimostrata la pratica
nelle opere di un compositore moderno, il
quale agognava più che altri mai all’espressione
imitativa delle passioni, e la di cui
perdita immatura piangerà l’Italia per lunga
stagione (2). Che vuoisi dunque di più?...
La di lei opinione è adottata da tutti
i teoretici e pratici d’ogni nazione occidentale,
e il voler negarla sembra lo stesso
che sostenere: a mezzodì non è giorno
ancora.
Sulzer, Arteaga, Lichtentbal, ecc., e tutti
gli estetici che ragionano intorno alle differenti
qualità de’suoni e de’caratteri dei
tuoni, convengono che le scale minori sono
le più atte ad esprìmere la tristezza, la
melanconia ecc. ecc., e perchè ciò? appunto
perdi’ esse sono delle maggiori più ricche
di semitoni - mentre i passi semitonati
furono mai sempre usati dagli esecutori
più sensati, e da tutti i compositori
antichi e moderni, e trovansene ne’madrigali
del 700 - nelle cantate dell’800 - e
nelle opere del giorno d’oggi.
Ed essi sono pure retaggio della musica
stromentale, quando essa si prefigge a dipingere
ed esprimere un affetto di tristezza
od un fatto a cui debba adattarsi
una musica lugubre (come la morte cl’un
artista, d un eroe, ecc.) inteso sempre che
non si parli di quelle interminabili scale
semitonate, per cinque e più ottave, le
quali odonsi a sazietà in ogni paio di variazioni,
e non servono ad alcuna espressi
Il suonatore (li viola del quale i nostri lettori
avranno accolto con piacere ed interesse i savii pensieri
e le erudite riflessioni su Palestrina, volle favorirci di
quest’allro suo scritto che ci affrettiamo a inserire in
questi fogli. Esso c dettato colla assennata dottrina che
attesta di molta ed alta esperienza nelle più nobili discipline
dell’arte; accenna di volo a tante verità che
forse saranno udite con dispettoso orecchio dalla presontuosa
mediocrità del virtuosismo moderno, ma che
pure non sono meno incontrastabili per quanto amare.
- A non pocbi nascerà voglia di sapere chi sia questo
suonatore di viola da Bergamo, che sì addentro si addimostra
versato nella critica estetica musicale, c noi,
rispettando il velo sotto il quale si nasconde, diremo solo
ch’egli va illustre tra i pochi veri ristoratori della melodrammatica
moderna, e reca un nome venerabile per
quanti ricordano i giorni delle belle e incontrastate sue
glorie teatrali. Non chiuderemo questa nota senza aggiugnere
una parola di vivo e profondo rammarico consecrata
alla memoria del defunto egregio cultore delle lettere
cui è indirizzato lo scritto del vecchio suonator di
viola. Il nobile Giovanni Colleoni, che noi pure onorava
della preziosa sua amicizia, venne da poco tempo rapito
ai vivi nel fiore dell’olà, e quando già si avveravano le
belle speranze date dall’eletto suo ingegno. Col vigore
(ii un animo sensibile ed entusiasta del bello egli amava
le arti, e fra (preste principalmente la musica. Particolari
rapporti di intimità lo legavano all’illustre anonimo che
a lui indirizzava io scritto qui offerto, e nel privato suo
carteggio furono trovate diverse lettere confidenziali di
Bellini le quali attestano quanta simpatia gli professasse
il sommo autore della Norma e dei Puritani.
L’Estensore.
(1 ) Rousseau.
(2) Bellini.