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mento dei varii pezzi di uno spartito, ma in quello ben anche delle scene a recitativo. I1 concorso poi di tutte le risorse servirebbe alle situazioni forti ed ai finali, ecc., l'effetto istromentale sarebbe più grande, quanto più raro questo concorso di tutte le sue risorse.

Ma tutto ciò non costituisce il genio - si dirà da taluni. Noi lo sappiamo, e che così sia troviamo ottima cosa; poiché se con soli sistemi si potesse crear buona musica, questa non sarebbe più un’arte, e nessuno vi baderebbe. Ma perchè non offrire a questo genio, senza del quale nulla si crea, tutti quei mezzi e vantaggi che dall'esperienza e dalla riflessione vengono somministrati? Perchè circoscriverne i dominj? Limitate Rossini e Mozart ad usare nelle loro composizioni il solo accompagnamento del quartetto d’arco, come già fece Pergolese; quei grandi uomini vi sapranno pur trovare eccellenti canti, ben anco armonie eleganti, ma non sarà loro mai dato di produrre quegli energici effetti che con tanti capolavori ci hanno fatto ammirare. Come immaginare per esempio l’esistenza dell’ultima scena del Don Giovanni, o del finale del Mosè, col solo accompagnamento di violini, viole e bassi? Senza dubbio gli ottimi effetti che questi pezzi producono sono il risultamento di un istromentazione grandiosa di cui il genio ha saputo prevalersi. I grandi maestri delle antiche scuole hanno essi pure inventato effetti di un altro genere, abbenchè con mezzi più semplici. Ed ecco perchè si vorrebbe che questi mezzi usati con vantaggio dagli antichi non venissero ora dimenticati. È d’uopo usar di tutto: quanto rimane poi a farsi ancora è opera del talento. È osservazione generale nel teatro che i pezzi di musica a sole voci senza accompagnamento piacciono sempre quando sieno ben cantati. Questo effetto è la naturale conseguenza dell’uso di diversi mezzi, indipendente persino dalla maniera più o meno felice con cui il compositore se ne prevale.

Dalla parte istorica dei tre articoli che abbiamo dati intorno alle rivoluzioni dell’orchestra noi abbiamo potuto apprendere lo sviluppo, i progressi dell’istromentale sino alla moderna perfezione: or si domanda: sarà egli possibile il progredire più oltre? Noi non lo crediamo. Che resta quindi a farsi onde evitare la monotonia? Ecco l’intera quistione. Crediamo scioglierla proponendo di gettare uno sguardo all’indietro, non per abbandonare ciò che già possediamo, ma per arricchirci di ciò che si è abbandonato.

CRITICA

DE' COMPOSITOISI-PIANISTI ITALIANI

ed in ispecie di Golinelli.

(Vedi il foglio N. 48 di questa Gazzetta).


Tutti gli Italiani alcun poco avanzati nello studio del pianoforte riconoscono Stefano Golinelli per uno de’ primi compositori-pianisti. Certamente egli è un artista molto distinto in giovane età, divenuto tale per la più felice organizzazione, per una rara intelligenza, per squisitezza di sentire e per indefessi studj sul proprio istromento, dapprima ben diretti dall’egregio Corticelli, in seguito da sè solo continuati colla scorta del suo buon gusto e coll’efficacia di una speciale perseveranza. Nessuno fra quelli, che or sono circa tre anni, ebbero la fortuna di udirlo in Milano avrà dimenticato l’effetto da lui prodotto nelle sale de’ principali nostri cultori di musica interpretando i primi suoi lavori, e con qual modo esimio egli sapeva alle volte innalzare il restìo suo istromento alla potenza della voce. D’allora in poi la sua riputazione si accrebbe e si consolidò collo svilupparsi del suo ingegno e coll’acquisto di nuove cognizioni, ed egli per una straordinaria agilità di dita si rese di tal fatta superiore alla parte meccanica dell’esecuzione, da sembrare per lui un trastullo, le più astruse difficoltà di maneggio. La maniera con cui Golinelli attacca la nota è tutta sua propria: a nostro credere essa deriva in ispecie da una grazia in lui innata e da un intimo e giusto sentimento. Di questi sì rari pregi, i quali a preferenza fan della musica un’arte incantatrice che persuade la mente ed alletta l’orecchio mentre commove il cuore, risentonsi pure le sue composizioni, in cui rimarcansi non volgari bellezze ed evidentemente scorgesi che l'autore mirò a basare il loro risultato sull’incanto delle melodie, e sulla varietà ed il contrasto di un ben graduato e chiaro colorito tanto nel complesso de’ pezzi che nelle singole parti di ciascuno. I movimenti usati dal nostro pianista, anche ne’ più difficili suoi lavori, han nulla d’intricato e confuso in quanto al maneggio, sempre procedono con spontaneità e regolarità e senza alcun stento ponno eseguirsi: tanto bene sono adatti alle risorse dell’istromento in questo, come Döhler, meritandosi parte delle lodi in singolar modo tributate a Thalberg, le cui opere-modello dal Golinelli vengono all’entusiasmo apprezzate e son fatte soggetto di perspicaci studj; per il che non è a meravigliare se non di rado si travede l’influenza di una tale ammirazione nelle forme ed in varj passi di alcune sue produzioni.

Noi qui non intendiamo passare in rivista tutto ciò che il Golinelli fece di pubblica ragione. De’ tre Notturni, delle dodici Melodie caratteristiche, del primo Capriccio che sì bene compiesi, della vivace Festa abbiamo già tenuto discorso in questa Gazzetta e l’interesse che fra noi destarono ne è sicura prova del loro merito, più notevole in quanto da un’opera all’altra si rinviene sempre progresso, anche nella concatenazione de’ diversi squarci e relative modulazioni, il lato meno facile pel nostro valente maestro. Accenneremo solo al secondo Capriccio ed alle Reminiscenze della Lucrezia Borgia, or ora edite presso Ricordi, non senza prima avvertire che Golinelli togliesi da quegli istromentisti, pur troppo al giorno d’oggi sì numerosi che per mancanza d’idee proprie continuamente ricorrono agli altrui pensieri, e così saccheggiando proprietà d’altri, mettono insieme dei pezzi che non si ha poi rossore d’intitolare grandi fantasie!! Fra dieci opere da lui pubblicate non contansi che due sopra spartiti applauditi in teatro.

Il secondo Capriccio è concepito con altrettanto di eleganza che di passione, ed è atto a far spiccare l’anima ed il gusto più che la bravura dell’esecutore. Il commovente andante offre una cantilena la più semplice ed espressiva la quale di viemaggiore venustà s’infiora congiungendosi a tratti ed accompagnamenti che sembrano quasi esprimere ora i gemiti del dolore ed ora l’ansia della desolazione. Mercè un ben graduato attacco, al mi subentrando il tuono di si, la melodia ritornerebbe alla primitiva sua vaghezza se non dovesse eseguirsi a trillo. Nell’attraente finale le frasi del suaccennato andante risuonano più che mai pompose ed energiche fra il succedersi di brevi scale ad ottave in ogni battuta imitanti l’eco. Per formarsi una vera idea di questo Capriccio bisognerebbe averlo inteso eseguito o meglio cantato dal suo autore, allora ognuno potrebbe con noi unirsi nell’affermare che ad onta di una introduzione di carattere differente dal resto, questo pezzo è degno de’ maggiori encomj.

Nelle Reminiscenze della Lucrezia Borgia dopo poche battute il cui ritmo ci fa presentire il largo del terzetto, dal quale più tardi verremo deliziati, il compositore porge la soave romanza «Oh come è bello!» il cui motivo, sorpassati alcuni incalzanti passaggi, vien ripetuto ed incantevolmente svolto fra il prestigio di seducenti arpeggi e modulazioni. Il movimento si anima, ed irrompono alcuni passi dapprima impetuosi, che poi a poco a poco calmansi e finiscono perdendosi in un cupo tremolo, che dà adito al tema «Nella fatal di Rimini» messo ad accordi per acciaccatura e con tale magistero di colorito che pare di udire il susurro di una lontana schiera di armati che mano mano avvicinasi, divien maggiore; in ciò Golinelli dimostrando di non pensare solo al meccanismo, ma bensì all’uopo di saper farsi carico della parte poetico-imitativa della bell’arte. Infine egli s’impadronisce dell’ammirabile trio, facendoci palpitare a’ comandi dell’atroce duca, alle preghiere della desolata Borgia ed alle tenere illusioni di Gennaro: melodie interrotte da un poco più mosso (d’esclusivo effetto per l’istromento e per l’esecutore) che in certo qual modo serve a dar maggior risalto alla successiva replica dell’istesso canto fra l'agitarsi di accordi a grande estensione, i quali vanno arpeggiati con rapidità e fra il rimbombar di robusto accompagnamento. Queste Reminiscenze che esigono un animato suonatore di prima forza, non possono mancare di esser accolte nelle società con pieno favore, e di ottenere i generali suffragi. Tutto concorre in esse a farle sicure di successo: popolarità ed espressione di motivi, varietà di andamenti, spontaneità, chiarezza, imponenza di passi.

Disceso nella tomba Corticelli, ad unanime consenso Golinelli fu chiamato a succedere al proprio precettore nella carica di maestro di pianoforte nel Liceo musicale di Bologna, stabilimento che va risorgendo a nuova vita per le provvide sollecitudini dell’unico che come aquila sopra tutti gli altri maestri s’estolle e del cui nome pieno è il mondo. Ora il nostro artista, ottenuto un breve congedo, passò a visitar la ridente Napoli per darvi pubbliche prove di quanto ei sia innanzi sul pianoforte, ed i partenopei filarmonici non potranno a meno di rimanerne ammirati. Il più splendido avvenire attende il giovane e studioso Golinelli.

Is. C.......


VARIETÀ.

UN AUTOMA-SOPRANO


Dicesi che un meccanico d’una piccola città della Svezia abbia terminata la costruzione di un automa che imita a tutta perfezione la voce umana e quella special-