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pensava assai diversamente dei nostri aristarchi teatrali, e che insieme a tutti i i commentatori della sua metafisica diede alle arti l'origine per noi accennata, facendo dalle sensazioni nascere la memoria, da molte memorie l’esperienza, e da molte esperienze l’arte o meglio il codice d’ogni arte, disse, valendomi delle parole del Tasso, che ancora possiamo onorar l’arte col nome di scienza, e di prudenza epperò soventi volte ha egli, confusi questi nomi d’arte e di prudenza, e di scienza e di sapienza. Perciò quella buona gente degli antichi, che sapevano troppo meno di certi moderni giudicatori, avean fatto delle arti altrettante divinità uscite dalla parte più nobile del maggior degli Dei, dall'intelletto; e quel povero fattor di versi di Dante Allighieri che già più volte fu nominato, non per altro che per questo scrisse quell’endecasillabo:

Però nostra arte è a Pio quasi nepote.

É chiaro che con queste immagini si voleva dare alle arti un’altezza di filiazione che le rendeva sorelle della sapienza. Se negli arcani della sapienza intendessero que’ nostri padri come s'intende odiernamente, che possa ogni primo venuto mettere le mani prima degli occhi, e montando la sedia della dittatura proclamar come legge la propria maniera di sentire e di vedere, è una questione che non ha bisogno d'essere spiegata.

Se una simile opinione portino quei molti, che privi d'ogni pratico erudimento dettano colle parole e cogli scritti sentenze inappellabili sopra ogni specie di geniali produzioni, noi lo lasciamo argomentare a chi può vederlo senza l’ajuto degli altrui pensamenti.

Se si possa nelle arti fare un giudizio illuminato senza la menoma artistica coltura, senza un’artistica intelligenza che vi guidi a scoprire le virtù e le imperfezioni, anche questo sarà manifesto finché migliori argomenti non verranno a distruggere quelli che per l’amore del vero ci siam provati di fare. Se come in tutte le arti si possa nella musica costituirsi giudice, non per lunghi esercizj durati sugli spartiti e sulle note, sugli strumenti o sul canto, ma solo perchè si frequentano da anni le rappresentazioni del teatro senz’aver mai avuto in pensiero di conoscere quante siano le note, quanti gli accidenti; che sia armonia, che sia melodia; che sia tempo debole, che sia tempo forte; che il contrappunto, che il ritmo; che in somma le prime cose che s’apprendono dagli elementi dell'Asioli. questa è pure tal cosa che non ha d’uopo di parola per essere provata. Considerando solo che tutte le arti sono sorelle e che tutte hanno i loro segreti misteri, ne viene di conseguenza che senza una positiva istruzione non se ne può confondatamente parlare. È una verità che non parrà la più bella né la più giusta ad alcuni amor proprj, ma è una verità che si può ardire di sostenere contro ogni opposizione.

Non è quindi meraviglia se tante e sì diverse opinioni si vanno tutto dì professando intorno alle attuali condizioni della musica italiana; e se coloro che pure hanno per sé un distinto talento naturale, ed anche alcuna volta una ricca ed invidiabile suppellettile letteraria, perché digiuni d’una vera coltura musicale, inciampano non di rado nelle più pazze sentenze che sono precisamente il rovescio del vero. Non è meraviglia se alcuni che non istimano l’arte se non per quello che è, o per quel che ne sanno, non sapendo immaginarsi quello ch’ella può divenire, credettero una vanità l’opera per alcuni intrapresa di condurre la musica nostra al suo più alto segno possibile, prima rifinendola da una via di sterilità e di perdizione per cui erasi da qualche tempo incamminata, poscia col consiglio della saviezza procacciando di arricchirla e rafforzarla di quanto di bello e di giovevole si comprende nelle scuole degli altri popoli, onde alla spontanea e vergine favella della natura che canta sulle labbra italiane nulla mancasse del potente magistero dell’arte. Di chi professava quest’avviso noi avemmo un esempio recente anche in queste medesime colonne1. Ritornando su questo argomento noi tenteremo di provare com’esso sia posto su fallaci principi, e verrem poscia mostrando quali miglioramenti possono introdursi nel sistema di composizione dai nuovi maestri adoperato.

Geremia Vitali.



DISCUSSIONI MUSICALI

Alcune osservazioni sull'Articolo Della Musica drammatica italiana nel secolo XIX, del signor C. MELLINI (Vedi Gazzetta Musicale N. 5)

Permettete sig. C. Mellini che io rammenti il seguente periodo del vostro articolo sovraindicato “Ci staremo per ora contenti all’accennare, tanto per far luogo alle altrui osservazioni, che grato ci sarebbe di veder pubblicate da chi sente differentemente da noi”. Questo nobile desiderio mi assicura che troverò in voi un polemico ben altro che prosontuoso, ed amante dell’arte bella di cui prendete a parlare più che tenace della vostra opinione; io non esito quindi a costituirmi creditore della vostra promessa gratitudine pelle osservazioni che farò sul vostro scritto a mo’ di postille, e che sottopongo al giudizio vostro e degli altri intelligenti dell’arte musicale, singolarmente a quello dell'egregio redattore della Gazzetta.

Voi opinate che la Musica drammatica abbia a’ nostri di tocco il sommo grado per essersi spogliata di molti abusi e nondimeno aver posti, in opera tutti i mezzi strumentali e con tanta discrezione e maraviglioso effetto fattone uso. — Che ai giorni nostri la Musica tenda al drammatico, al declamatorio, abbenchè in generale con molta titubanza, pare incontrastabile; che abbia tocco il sommo grado in qualche scena di qualche Opera, anche in qualche (rarissimo) atto intiero si potrà asserire e forse anche provare; che generalmente e con esempi di intiere Opere abbia tocco il sommo grado di perfezione, permettete che io tema contrario l’esperimento che venisse fatto coll’analisi estetica. -Ma per coonestare questo mio timore bisogna che vi dichiari che nel mio, forse erroneo, opinare parto dal seguente principio: che stia cioè il sommo grado di perfezione della Melo-drammatica in quella cotale difficilissima fusione de’ mezzi poetici, melodici ed armonici, vocali ed istrumentali, per cui la parola alla musica e questa a quella prestano le rispettive forze e di espressione e di imitazione; allo scopo di formare un tutto che ti commova e ti alletti insieme, fusione che richiede nel compositore niente: meno che - estro poetico (non librettistico) - fantasia melodica - scienza armonica - cuore suscettivo di sentire in tutte le svariatissime fasi di passioni - fino criterio e tatto scenico - profonda cognizione della declamazione - idee ben distinte e chiare della musica puramente melodica o melo-drammatica e della musica puramente drammatica...Ma...nell'accennare a questa prerogativa, che quanto le altre accennate è indispensabile a costituire un eccellente compositore, un creatore di opere melodrammatiche che tocchino il sommo grado, mi cade in mente il famoso Definissons les mots, precetto aureo la cui assai frequente trasgressione è fonte copiosissima di chiacchiere vuote invece di sodi ed utili ragionamenti nelle scentifiche od artistiche disquisizioni. Sì, io sarei d'avviso non siasi ancora bene distinta la musica a forme meramente melodiche dalla musica esclusivamente drammatica; non siansi determinati i limiti ove la musica comincia a cessare di essere esclusivamentemmelodica per essere drammatica e viceversa (giacchè una cessazione totale di melodia io crederei sia sinonimo di cessazione di musica), e dubito quindi, forse non senza solido fondamento, non siasi finora definita in modo abbastanza chiaro la musica drammatica toccante il sommo grado, la musica insomma in tutta la forza del termine melo-drammatica.

Che il chiarire questa ida sia indispensabile a progredire nelle disquisizioni onde si fa carico la Gazzetta musicale, con speranza di vantaggio all'arte e di guida ai maestri compositori, io crederei poterlo dedurre e dai molti dispareri e dalle titubanze nella dichiarazione delle rispettive opinioni, ed in qualche non rarissima contraddizione che incontrasi qua e colà negli scritti de' benemeriti che si adoperano a giovare de' loro lumi l'arte musicale. Permettete adunque o chiariss. sig. Mellini che io interrompa qui le osservazioni su varj altri punti del vostro articolo per invitare voi o chi altri fra i valenti collaboratori della Gazzetta a dare per quanto sarà possibile, esatta la definizione e le distinzioni sovraccennate, lusingandomi di acquistare un po' di benemerenza con questo invito, non che i necessari lumi per progredire con sicurezza pari alla schiettezza che posso francamente promettere nel portare la mia pietruzza al riattamento dell'edifizio musicale, nel quale vi prego intanto permettermi di non ammettere si facilmente tutte quelle idee di attuale perfezione, di sommità, di ottimismo che il lodevole vostro amore caldissimo dell'arte vi fa concepire, e che vi fanno sembrare riprovevoli i lamenti degli scrittori, mentre spererei potervi convincere esservi luogo al dolersi con molta verità.

A meglio chiarire la soluzione del quesito che propongo ai dotti zelatori dell'arte bella crederei opportuno, non che forse necessario il presentare qualche esempio comparativo con tavole illustrative; e il benemerito Editore della Gazzetta non dubito si presterà volentieri, sì pel lodevole suo impegno, sì perché già prometteva nel programma questo efficace sussidio.

Siano pure confutati con sode ragioni i miei ragionamenti fatti e quelli che farò sul vostro articolo, vi sarà sempre guadagno per l'arte, perché verranno con ciò tratti d'errore tutti quelli che dividono le mie opinioni. Non sarò tenace se non che nell'opinare vi sia dovuta la stima onde mi protesto.

Borgomanero 28 febbraio

Vostro deditissimo

NICOLÓ EUSTACCHIO CATTANEO

(Segue il Supplemento)

  1. Veggasi il N. 12.